Trasparenza. I candidati più furbi sono i più veloci?

Come minimo, a tre mesi o poco meno dalle Regionali, la lista dell’Ulivo sta perdendo 5-1 rispetto alla Casa delle libertà di Berlusconi, nella classifica della visibilità elettorale.


Difficile dubitarne: i muri di città e paesi liguri sono letteralmente tappezzati da manifesti coi faccioni di chi sta con la Liguria e di chi assicura “non parole ma gatti”. Il povero Burlando schiacciato com’è in un angolino, dalla tronfia arroganza dei candidati ricchi, ispira solidarietà perfino a chi non lo aveva in grande simpatia: stiamo o no dalla parte dei meno fortunati?
In realtà la massiccia invasione degli spazi elettorali, con grande anticipo, è questione ben più seria che non si esaurisce con qualche considerazione moraleggiante, tutt’al più fonte di sorrisetti (amari). Avere occupato prima degli altri plance e cartelloni disponibili, bruciando tutti sul tempo, non è una dimostrazione di rapidità, efficienza, furbizia, come si vorrebbe far credere. La furbata semmai consiste nel fatto di riuscire a eludere certe regole del gioco, fatte in modo da essere aggirate, tipo la legge elettorale. Uno degli obblighi principali, in nome della famosa trasparenza, è quello di rendere pubblicamente conto delle spese sostenute in campagna elettorale per la propaganda. Non però di quelle fatte prima del tempo stabilito e dal momento che la “la campagna”, almeno ufficialmente, non è ancora cominciata, ecco che i nostri campioni di velocità non hanno alcun dovere di documentare esborsi e relativi finanziamenti.
Come prova di furbizia non c’è che dire, come test di affidabilità dei candidati-sprinter qualche dubbio sembra lecito. Tanto più che proprio per evitare la deprecata “cultura del sospetto” di cui spesso la stampa viene accusata di farsi portatrice, nelle settimane scorse era stato rivolto un appello dai Ds liguri agli avversari: rendiamo di pubblico dominio i conti delle spese e dei contributi ricevuti, così da convincere anche i più diffidenti che qui si fa tutto “alla luce del sole” (nessun riferimento al bel film sulla morte di don Puglisi). Evidentemente i destinatari erano troppo indaffarati per rispondere.
(Camillo Arcuri)