Cambiamenti. Gesti che distinguono la destra dalla sinistra

Un tempo si diceva che la mortadella era cibo operaio, proletario, da contrapporre al crudo, senz’altro più costoso e snob (scegliete voi se di Parma o San Daniele).Riproporre, fra il serio ed il faceto, la questione potrebbe essere una buona partenza per chi avesse voglia d’intervistare i nostri candidati alle prossime regionali.


Oggi ancora di programmi non si parla. Le distinzioni sono legate più al senso d’appartenenza e a farla da padrone, per il momento, sono le immagini e gli slogan cui aderire col cuore (la concretezza di Biasotti, la Liguria che vuoi di Burlando), avallando l’analisi di Paul Virilio che parla dei nostri tempi come dominati dall’emozione e non da ragione, comprensione, approfondimento (Internazionale, 14 gennaio 2005).
C’entra la mortadella? Beh sì, perché fra le stoccate e le battute, le presenze o assenze dei due “colossi” c’è chi deve fare quotidianamente i conti con lo spazio di vita, la città, le relazioni… C’è quell’impercettibile movimento delle menti e dei cuori che dal locale al globale pensa sia giunto il momento di compiere un gesto per cambiare rotta ed approntare casa, lavoro, città, mondo in modo da assicurare un futuro meno ìmpari.
Ecco quindi un piccolo segnale che arriva da Londra: un libro scritto da Eugenie Harvey (Change the world for a fiver: 50 simple action to change the world and make you feel good – “Cambiate il mondo con 5 sterline: 50 semplici modi per cambiare il mondo e sentirsi bene”). La signora, esperta di marketing, attraverso vignette, semi d’abete da piantare, chewing gum incollati alle pagine, ci ricorda quante piccole azioni possiamo intraprendere per “cambiare il mondo” (“rifiuta le buste di plastica: ogni cittadino britannico consuma fino a 134 buste di plastica all’anno, per un totale di otto miliardi di sacchetti che finiscono abbandonati in discariche sterminate; usa almeno una lampadina a basso consumo: se ce ne fossero almeno tre in ogni casa si risparmierebbe la stessa quantità di energia che serve a illuminare tutto il paese; usa i trasporti pubblici, guarda meno la TV, impara delle espressioni amichevoli in una lingua straniera, spegni gli elettrodomestici: se prima di andare a dormire ogni inglese spegnesse il suo televisore, si risparmierebbe abbastanza energia da illuminare 250.000 partite di calcio; fai il bagno con qualcuno che ami: per riempire una vasca di misura media ci vogliono 65 litri d’acqua: sono 65 litri risparmiati”…). Si tratta d’un piccolo decalogo a cui ognuno può aggiungere un tassello, un elemento…
La Harwey ha dato vita anche all’associazione We are what we do (Siamo quello che facciamo, sito internet: www.wearewhatwedo.org) che intende muovere i simpatizzanti partendo dalla parafrasi di una frase di Gandhi: “Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo”. Ecco, domandiamo (e domandiamoci) quali piccoli gesti distingueranno la sinistra dalla destra; giusto così, per riappropriarsi, con la mortadella, anche del senso profondo del comunicare.
(Chi fosse interessato al libro, può acquistarlo o attraverso il sito internet di Amazon o nelle librerie Feltrinelli International; le notizie sul movimento e sul volume della Harvey sono apparse sulla rivista Internazionale del 23 dicembre 2004 e su Gioia dell’11 gennaio 2005).
(Tania Del Sordo)