OLI 388: VIAGGI – Il diario di Giulia

Lampour sur mer 7 maggio martedì

Mentre andiamo al mare vedo uomini e donne con abiti eleganti e luccicanti. Sembrano luminosi dalle scarpe ai capelli.
Esattamente una settimana fa è nato un bambino e tradizione vuole che dopo sette giorni si uccida un animale rispettando il racconto di Abramo che avrebbe sacrificato il figlio se Dio non lo avesse fermato all’ ultimo momento.
La festa è solo per i parenti quindi proseguiamo e Ibu mi porta a vedere il suo jardin bello e ordinato. Ogni quadratino di sabbia e conchiglie è rimboccato come una pasta alla crema e contiene una piantina di pomodori bassi. Ci sono anche fagiolini, melanzane e frutti che non conosco.
Ogni orto è delimitato da siepi di fichi d’ India che nemmeno qui mangiano abitualmente. Anche il suo pollaio è pulito. Glielo cura un uomo del posto.
Torniamo sulla strada e la visione si apre su una pineta che in quel punto ci separa dall’ Oceano immenso, bellissimo e porta sulla spiaggia conchiglie enormi.
Le piroghe sulle loro fiancate raccontano storie come i carretti siciliani. Qualcuna riporta la faccia del Marabout nazionale o di suo figlio. Sulla prua, sopra sculture stilizzate, sventolano bandiere.
Man mano che si avvicinano a riva, gli uomini delle piroghe chiamano quelli di terra.
E’ faticoso tirarle sulla sabbia. Si fanno ruotare su sé stesse mentre il peso degli uomini si sposta da un capo all’ altro. Poi con l’aiuto di lunghi bastoni, corde, grida cadenzate, le piroghe rotolano su tronchi di palma fino all’asciutto.
Allora sopraggiungono, su carretti tirati da asini o cavalli in corsa,  uomini ritti in piedi per prendere cassette di pesce già preparate per loro. Subito dopo donne con lunghi coltelli, secchi e bambini, coloratissime sempre, accerchiano le piroghe che tirano loro i pesci rimasti sul fondo, che vengono puliti subito Le teste e quel che non serve lo si rende al mare.
Lasciamo i pescatori per andare sotto la tettoia con le pese e un piccolo mercato ortofrutticolo con anche le tipiche ceste alte fatte con foglie di palma intrecciate con dentro i manghi.
Vicino c’è un grande essiccatoio per i pesci costruito da giapponesi, vi lavorano solo donne della zona. Si tratta di pulire il pesce, aprirlo, salarlo, stenderlo su griglie assolate. Sono tante le donne con i visi stanchi,  accucciate o piegate come solo loro sanno fare con i bimbi incollati alla schiena che dormono sotto a un berettino magari di lana con tanto di pon pon.
Con gli occhi pieni di colori, grida di uomini e rumore di mare saluto Ibu e vado da Cristiana e Giuliano.  Oggi fusilli al dente con zucca! Porto un’anguria.
La loro casa è sul retro del magazzino. Il tetto è in eternit, l’arredo è spartano ma c’è quanto basta. Hanno anche un congelatore , il frigo no (penso non lo abbia nessuno in paese). Ogni tanto arriva qualcuno per chiedere spazio nel congelatore già strapieno o per farsi una doccia. I bambini della zona sono nella saletta con divano per vedere cassette di cartoni animati in italiano alla televisione. Giuliano ha la mente del piccolo imprenditore . “Faccio girare l’ingranaggio della mente, crac crac ” mi dice, accompagnando la frase con le mani che ruotano l’una nel senso inverso all’altra , “Oggi facciamo anche la pizza. Un po’ la mangiamo noi – io sono invitata – un po’ la diamo alle boutiques che ce la vendono. Ci guadagno sopra ogni pezzo il 75% e mi diverto. Questi del posto prima non la conoscevano. Ora piace” Le cuocerà il fornaio in fondo alla via .  Al giovedì, giornata di mercato, la vendono direttamente davanti al magazzino.
Giuliano è arrivato qui 6 anni fa invitato dal suo amico Aziz che faceva il “vu cumprà” a La Spezia. Per qualche anno è venuto in vacanza poi, visto che in Italia non c’era lavoro, ha aperto una società con lui e ora ci abita e fa affari. Dallo scorso anno l’ha raggiunto la sua compagna Cristiana. Ha aperto due magazzini con tutto per l’agricoltura che funzionano bene, perché Aziz ci sa fare. Ha anche comperato pezzi di terra edificabili e per coltivazioni e poi ha una barca che lavora per lui. Ha provato pagare gli uomini a mese come usa in Italia, ma qui preferiscono la mezzadria . Meglio pochi soldi e una parte del prodotto. In questo modo il lavoro lo fanno bene, altrimenti non mangiano nemmeno loro. Commercia anche metalli preziosi che arrivano da nazioni vicine.
Ha buoni rapporti con tutto il vicinato, per i quali ha fatto anche lavori importanti:  alla famiglia che aveva l’abitudine di fare i loro bisogni vicino alla porta di casa sua gli ha costruito un grande bagno con doccia. Il problema è che sono tanti e a volte vengono a usare anche il suo di bagno.  Ha anche fatto in modo che l’ENEL locale mettesse una lampadina stradale davanti al magazzino, così ci hanno guadagnato anche le boutiques vicine che consumano meno candele.
La porta di casa di Giuliano è quasi sempre aperta. Arriva un uomo con l’aria stanchissima vestito con una tuta gialla impermeabile:  “ Ti ho portato la barca, vado a dormire” dice. E’ uno con cui sta entrando in società. E’ stato in mare tre giorni per andare a prendere la barca in Gambia, dove la manodopera costa meno.
In Italia tornerà nella stagione delle piogge, a Monterosso, dove aiuta nell’alberghetto di sua madre.  Ci sono stati super disastri per le alluvioni di due anni fa e dello scorso anno.
Torno a Casa Maissa che è a un quarto d’ora dalla loro abitazione. Poso conchiglie, manghi e banane e sono nuovamente da loro per aiutarli a portare le teglie con le pizze al forno vicino alla spiaggia.
Vado a vedere gli essiccatoi del pesce con pesci di ogni misura e forma. L’odore è fortissimo. Alcune piroghe sono state portate nel bosco lì dietro dove i multicolorati sacchetti di plastica usati hanno preso il posto dell’erba. Nemmeno le capre li mangiano. All’ombra dei pilastri alcuni gatti si lavano. Le pizze sono pronte . Ne mangiamo subito un po’; gli altri pezzi li confezioniamo in piccoli sacchetti perché restino morbidi. Li distribuiamo alle boutiques che li venderanno.
A Cristiana e Giuliano vorrei offrire un caffè tube (caffè speziato), ma la boutique invece del caffè ha pronte le frittelle ripiene di salsa di cipolla . Mangiamo quelle. Assieme ad altri. Ancora due chiacchiere, qualche “sa va” e “sa va bien”, ci presentiamo “ comme t’ appelle, moi Julì et toi? e torno a casa con la pila .

(Giulia Richebuono – foto dell’autrice)