Irak. Acrobazie in tv sugli elicotteri
Bisogna dare atto ai redattori della Rai-Tv delle gravi difficoltà che incontrano ogni giorno per conciliare la linea editoriale con la realtà della cronaca. Tg1 di sabato 22 gennaio, notizia della morte del maresciallo Cola, a Nassirya: un elicottero delle forze italiane in missione sorvola a bassa quota (20 metri circa) l’Eufrate, quando un colpo di arma automatica esploso da un canneto raggiunge il sottufficiale addetto alla mitragliera e lo uccide.
Mentre il commento in voce assicurava che il militare era ben protetto nella sua postazione, le immagini sia pure di repertorio mostravano –implacabili– l’ampio varco aperto su ogni fiancata dell’AB412 per i mitraglieri, esposti così pericolosamente al fuoco nemico.
La spiegazione venuta subito dopo dalla carta stampata non ha fatto che aggravare la situazione. Quel tipo di elicottero –viene chiarito– è da ricognizione, quindi spazi aperti per la visibilità; non è da combattimento come invece il “Mangusta”, dotato di robuste corazze e di vetri blindati in grado di proteggere l’equipaggio perfino dai colpi delle mitragliatrici pesanti. Solo che il “Mangusta” non l’abbiamo mandato in Irak, essendo la nostra una missione di pace, non di guerra. Ipocrisie formali a parte, che ci facevano allora le mitragliatrici sull’AB412, quello da ricognizione?
La cosa più grave è che, vista la piega presa dagli avvenimenti, da circa un anno i comandanti della missione irachena avevano chiesto l’invio degli elicotteri da combattimento, ricevendo l’assenso delle massime cariche militari. Senonché la pratica è stata bloccata. “Non mi è mai arrivata”, protesta l’inconsapevole ministro della Difesa Martino, annunciando querela contro Repubblica che lo accusa di aver impedito l’invio dei velivoli da guerra, forse per l’alto costo delle loro prestazioni, sconsigliate dopo i tagli della Finanziaria per ridurre le tasse ai ricchi.
Comunque finisce questa triste storia ha un risvolto istruttivo, anzitutto per i giovani che non conoscono certi trascorsi delle italiche missioni, come il tragico pressappochismo per cui buttammo nella campagna di Russia un esercito con le scarpe di cartone. E ci insegna anche, questa brutta faccenda, perché la cosiddetta casa della libertà vuol ripristinare la censura, con tanto di spauracchio del codice militare, per chi fa filtrare notizie sgradite sulle missioni di pace o di guerra che siano.
(Camillo Arcuri)