OLI 397: ILVA – Guido Rossa, i bambini nel deserto
Cosa direbbe oggi Guido Rossa se fosse qui?
E lui è qui! Basterebbe chiudere gli occhi e attorno a noi potremmo sentire una folata di vento dolcissima
E se lui è qui, cosa direbbe oggi in questo contesto?
Lui direbbe che bisogna difendere la classe lavoratrice!
Lui direbbe che oggi la crisi pretende che ci sia più giustizia e più uguaglianza!
Lui direbbe che quando si firma un accordo, quell’accordo va rispettato!
Quando tutto si mescola il quadro risulta confuso.
Questa operazione favorisce i responsabili di azioni, ancor più se numerosi, nell’evitare con cura di riconoscere i propri errori e porvi rimedio.
Nella faccenda dell’Ilva di Cornigliano il quadro, dopo nove anni, è diventato un pastone letale. Ma quello che lascia basiti è l’assenza totale di un bilancio politico che individui le ragioni per le quali si è arrivati qui.
La colpa, quando si è parlato di siderurgia genovese, è sempre stata di altri – magistratura, ambientalisti, crisi – questo ha consentito negli anni passati l’auto-assoluzione di tutti i firmatari dell’Accordo di Programma. Con la differenza che un colpevole oggi – ma solo oggi – pare sia stato individuato: Riva.
Adesso, che quel nome – dominus incontrastato di Cornigliano – è stato cancellato persino sui cartelli dei parcheggi riservati di stabilimento, è permesso prendere atto pubblicamente che l’Accordo di Programma non è stato rispettato, va riveduto e che bisogna porre rimedio all’emergenza occupazione.
Il presidente della Regione ha il candore di un ragazzino che finisce un ciclo scolastico, non un ciclo
amministrativo, quando invoca un nuovo accordo per l’acciaio.
Ma che ne è stato dell’altro? Perché chi doveva vigilare o quantomeno proporre soluzioni alternative per una prospettiva occupazionale seria ha taciuto?
Il deserto siderurgico descritto da Bruno Viani sul Secolo XIX del 25 gennaio è frutto di nove anni di assenza di vigilanza con la volontà di silenziare le voci di chi diceva che con quegli impianti era fantascienza occupare tutti. In quel deserto sono stati fatti rientrare cinquecento lavoratori tre anni fa, dopo cinque anni di lavori socialmente utili, per essere collocati il giorno dopo nei contratti di solidarietà. Di quel deserto prima era vietato parlarne. Scoraggiante sollevare la questione anche nelle assemblee sindacali dove l’analisi del rapporto occupazione-impianti veniva allontanata con malcelato fastidio.
In tutto questo Guido Rossa cosa c’entra?
La retorica sui lavoratori dovrebbe, almeno oggi, avere il pudore di fare un passo indietro, senza mettergli in bocca valutazioni sul presente e sul futuro della sua fabbrica.
Meglio sarebbe stato dare più spazio ai bambini della scuola elementare X Dicembre in quell’ora di ricordo per Guido. Alle loro fabbriche dai nomi magici – Guanto Schioccante, Desiderio, Clanma – disegnate con cura e fatte scivolare sotto gli occhi di telecamere veloci a registrare la tenerezza dell’evento: i bambini nel reparto di Guido Rossa. O far raccontare alla loro maestra come si spiega oggi ai bambini la realtà delle fabbriche italiane.
Chissà come si insegna a difendere i grandi sogni.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)
E meno male che queste cose le scrive proprio la CGIL, che DIFENDE moltissimo i suoi tesserati!!! Si rivolterebbe nella tomba, Guido Rossa!!!