OLI 400: GRECIA – Madre, dove vivo?

La centralissima Piazza Monastiràki

C’è una bella canzone scritta da Vangelis Korakàkis nel 1998, anno in cui la Grecia era ancora in piena illusione di crescita (con l’appuntamento delle Olimpiadi a breve scadenza, denaro circolante, bar, taverne e locali pieni di gente) il cui testo, curiosamente, sembra invece scritto oggi.
Dicono i versi: “Madre, mi hai dato la vita nel tempo più difficile. Tutte le cose intorno mi urtano, tutto quello che vedo mi ferisce, ma tutti mi prendono per menagramo. La nostra speranza è perduta, e il nostro destino è scritto sul libro del diavolo. Madre, dove vivo? La barchetta che mi porta si è abbattuta su un fianco, e oscilla paurosamente, dimmi come posso reggermi, come posso restare in piedi”.
L’abbiamo messa come sottofondo ad una serie di immagini colte lo scorso gennaio nelle vie del centro di Atene, proprio la zona che comprende le piazze e le vie più importanti della città, come se a Genova parlassimo di Corvetto, De Ferrari, San Giorgio, Via XX Settembre.
Il cuore ‘nobile’ della capitale, come fossimo in una periferia degradata, è stato ricoperto da graffiti, e dopo un po’ che si gira tra queste superfici che ti rinviano immagini a volte belle, altre no, ma comunque per lo più aggressive, disperate o amaramente ironiche, senti proprio che è una crisi profonda che ti parla, attraverso ogni muro, ogni saracinesca.
Un linguaggio espressionistico che grida uno stato, ma non indica direzioni da seguire.

La città ti parla anche attraverso la sua segnaletica stradale: la grande maggioranza dei cartelli indicatori, non solo nel centro, bensì ovunque, anche nei quartieri residenziali, è stata resa il più possibile illeggibile attraverso la capillare, sistematica, opera di un esercito anonimo che ha cancellato le scritte con vernici e adesivi. Gli amici mi dicono che è il frutto del disprezzo ormai endemico che il greco medio nutre verso tutto ciò che è pubblico. Un’aggressività che trova sfogo nel sabotaggio autolesionistico.

Ti parla la molta polizia che vedi ovunque, con agenti vestiti come andassero agli scontri armati: giubbotti antiproiettile, e altre protezioni da robocop. Un amico mi dice: “E ci credo! Qui è diventato comune sparare ai poliziotti, che peraltro fanno quel mestiere per una miseria”.
Ti parlano le vetrine dei negozi chiusi, con incollate le scritte ‘si affitta’, ‘si vende’, destinate a rimanere senza risposta. I senza tetto, presenti ovunque. L’autostrada che va da Atene a Patrasso, incredibilmente vuota in giorno lavorativo ed ora di punta.
Un disastro che ti entra dentro e ti lascia senza parole.
Poi parli coi molti amici in difficoltà, e ti trovi davanti persone che combattono, che non si lamentano mai, che sono capaci di una allegria che è difficile trovare dalle nostre parti.
Qui c’è una forza che ancora di più ti lascia senza parole.
Speriamo che l’Europa prima o poi riesca a capirlo, e che si impegni a dare opportunità, e non a toglierle.
(Paola Pierantoni – foto dell’autrice)