OLI 422: ILVA – Landini, media assemblea
Un reporter riprende un lavoratore che fotografa un fotografo mentre scatta primi piani a Landini. L’immagine più evidente che si è nel cuore di una rappresentazione è data dal fatto che, ad un certo punto, due fotografi sistemano un casco ILVA proprio sopra i tubi innocenti che reggono il palco, come se quel casco fosse stato dimenticato da un operaio, ed iniziano a scattare foto.
Quella con Landini, non è, come promesso dal volantino affisso nelle bacheche aziendali, un’assemblea. Ma è incontro a porte spalancate, con stampa, lavoratori e cittadini. Un momento storico per l’ILVA di Cornigliano una giornata che ha dato alla siderurgia genovese visibilità, ma non un’assemblea che significa confronto, riflessione, condivisione di idee, tra lavoratori e sindacato.
Landini – dio lo benedica per il suo impegno politico – ha detto le cose che dice a Ballarò, Piazza Pulita, Servizio Pubblico, ma ha perso un’occasione importante: sentire le opinioni di chi in quella fabbrica lavora e di chi da quella fabbrica è stato messo in cassa integrazione. Dispiace che tutto diventi media, che in questo cacofonico rivolgersi all’esterno non ci sia più tempo per un ascolto autentico, il tempo per le parole. Anche scomode. Quelle che il sindacato non vuole sentir dire. I numeri, investiti in questa partita, sulla carta non permettono di immaginare grandi scenari sul fronte dei salari che drenano milioni di euro al mese. Un miliardo e duecento milioni dei Riva – ancora da rimpatriare – sono esclusivamente destinati alla legittima realizzazione dell’AIA e 556 milioni, provenienti dalle risorse della cassa depositi e prestiti oltre che dai soldi di Fintecna, sono una cifra che ILVA è capace di fumarsi in 6 mesi soprattutto alla luce dell’anticipata chiusura dell’altoforno 5 – indispensabile per la messa in sicurezza dell’impianto – che ridurrà ulteriormente la capacità produttiva del sito di Taranto già oggi, in perdita. I conti non tornano.
La Newco è ancora un soggetto molto magmatico. Si aggiunga che i Riva hanno fatto ricorso contro lo stato di insolvenza dell’Ilva lamentando che La mano pubblica potrà impunemente non eseguire quelle stesse misure per la realizzazione delle quali ha illegittimamente sottratto a degli imprenditori privati la propria fabbrica. E’ vero che nella fase più delicata della discussione del decreto legge, Claudio Riva aveva chiesto che si terminasse il ciclo delle audizioni in Commissione Senato, prima di procedere alla dichiarazione di insolvenza dell’ILVA, richiesta inascoltata. Che piaccia o meno – e la gestione Riva non è piaciuta affatto – a processo ancora da fare, le scelte strategiche che hanno riguardato l’Ilva rischiano di essere oggetto di ricorsi da molti fronti e sanzioni, comprese quelle della Comunità Europea.
Un ragionamento con Landini poteva mettere a fuoco dove trovare 150 milioni di euro per l’impianto della banda stagnata. Altro spunto di riflessione cosa ne sarà delle centinaia di lavoratori genovesi oggi “utile risorsa” degli enti pubblici, destinati però a rientrare a settembre 2015 con i contratti di solidarietà, e ancora cosa significa nel testo della legge, votata dal parlamento “garanzia di adeguati livelli occupazionali”.
Adeguati, rispetto a quale modello siderurgico? Sulla base di quale piano industriale?
Si fa strada il precedente Alitalia, e qualcuno, purtroppo, vuole afferrarlo al volo.
(Giovanna Profumo)