Privacy 2. Sorvegliare e punire al tempo del hi-tech
Liceo Scientifico Lanfranconi, inizio dell’anno scolastico. Nel corso della assemblea per la presentazione del Liceo ai genitori viene illustrato un servizio innovativo: ognuno di loro riceverà una “password” personale con la quale accedere ad una area riservata del sito del Liceo in cui saranno puntualmente registrate le assenze dei figli e i voti che hanno preso.
Questa novità me la comunica una madre perplessa, mentre davanti al computer sta tentando di attivare il servizio innovativo. E’ la prima volta che ci prova e lo sta facendo perché sua figlia le ha appena telefonato: tutti i suoi compagni sanno già il voto dell’ultimo compito in classe, lei ancora no, e non vuole stare in ansia fino alla prossima lezione col Prof.
La mamma perplessa mi dice che lei i voti li chiede alla figlia, che se ci sono dei problemi va a parlare ai professori, e che tutta questa cosa di spiare dietro alla porta (informatica) non le sembra una grande idea. Concordo appassionatamente con lei. Poi cerco anche di pensarci su.
Perché è vero che i genitori hanno sempre “sorvegliato a distanza” i propri figli “Dove sei stato ieri?: Mi hai detto che andavi a casa di… ma ho telefonato e non c’eri…” E allora che male c’è nell’usare, a fin di bene, un mezzo nuovo che prima non esisteva?
La differenza, io credo, sta proprio nella particolare qualità del mezzo: un osservatorio impersonale, sempre attivabile da parte dei genitori senza sforzo e senza impegno, nemmeno quello di svelare alla mamma del compagno di classe o al professore che abbiamo un problema, una ansietà, un dubbio. Un osservatorio per niente affatto segreto (i ragazzi sanno benissimo che c’è) che formalizza l’assunto che la condizione normale (e non l’eccezione) sia quella di non potersi fidare di quello che il figlio ti viene a dire. Un osservatorio selettivo, disponibile solo ai genitori dotati di computer, collegamento internet e disinvoltura nell’utilizzarli. Una asettica, incontrovertibile e perennemente controllabile registrazione di eventi che però priva genitori e figli di una bella palestra per il faticoso ed utile esercizio di raccontarsi le cose, di discutere su una bugia detta, di darsi un po’ di tempo per raccogliere il coraggio di dire la verità.
(Paola Pierantoni)
Consultando per la prima volta il vostro sito, mamma di due ragazze e insegnante di Informatica, sono stata catturata dall’intervento di Paola Pierantoni: 28.12.04, Privacy 2. Sorvegliare e punire al tempo del hi-tech.
Ringrazio l’autrice e la abbraccio per la chiusa.
Aggiungo brevi osservazioni. In primis, in una iniziativa come quella riferita è indispensabile mettere a disposizione dei genitori una postazione in laboratorio o dove si riesce all’interno della scuola; chi non ha accesso privato alla tecnologia puo’ cosi’ averlo a scuola quando va per consigli di classe o colloqui con gli insegnanti. Il digital divide NON è tra nord e sud ed è dovere delle scuole stare attenti a non approfondirlo.
Inoltre, se si possono mettere a disposizione dei servizi come quello citato si pensi a rendere trasparente l’operato di tutti. Non capisco perche’ a scuola, se proprio vogliamo controllare qualcuno, debbano essere controllati i ragazzi: io, per esempio, sarei piu’ interessata ad avere in rete un registro delle lezioni, su cui non ho visibilita’ in prima persona, per confrontare la percezione delle mie figlie con quella degli insegnanti.
Chiudo richiamando l’attenzione sull’esistenza di strumenti informatici tesi a migliorare la collaborazione e non il controllo, anche se è innegabile che la tecnologia permetta tracciabilita’ totale: ma bisogna volerla usare con queste finalitá.
(Barbara Demo)