Società – Dal primo marzo al primo maggio
“Giù al porto”, in mezzo alla gente di tutte le nazionalità, dov’altro potevamo trovare lo stand del Movimento genovese che ha organizzato a Genova la manifestazione dello scorso primo marzo, lo sciopero degli stranieri, di questi tempi un successo da far impallidire molti partiti e sindacati, diecimila persone che con determinazione, ordine ed allegria hanno sfilato dalla Commenda fino a Piazza Matteotti, con concerto finale. Senza che volasse una parola in più di quelle della solidarietà e della richiesta dei propri diritti di cittadini del mondo.
Al presidio del primo maggio in Piazza Raibetta, in fondo a via San Lorenzo, si è voluta ricordare la natura del Movimento, che insiste molto sui diritti dei nuovi cittadini nel mondo del lavoro: il collegamento con la data della festa dei lavoratori è immediato. Un volantino spiega nei dettagli i sei punti fondamentali, individuati con un coordinamento nazionale insieme a gruppi di molte altre città. Sei punti che sono di una ovvietà disarmante, per chi credeva di vivere in un paese veramente civile e dotato di una costituzione che, sulla carta, è una delle più solide. Invece, leggendo:
1. Nazionalità italiana a chi nasce in Italia, anche da coppie straniere. Nel caso che i genitori perdessero la possibilità di restare in Italia, i bambini che crescono come italiani sarebbero costretti a rientrare in un paese che non conoscono, parlare una lingua ostile, frequentare culture e scuole differenti. La nazionalità del bambino consentirebbe invece di creare un nucleo familiare stabile, garantendo a tutti una vita serena.
2. Studiare un permesso di soggiorno che consenta a chi resta disoccupato di avere il tempo di trovare un altro lavoro duraturo: oggi i sei mesi concessi producono solo clandestini o finta occupazione per chi ha la possibilità di farlo.
3. Revisione integrale della normativa Bossi-Fini e del Pacchetto sicurezza, entrambe ledono la dignità umana e contribuiscono a formare clandestini, che poi sono colpiti per lo status sociale come delinquenti da rinchiudere nei CIE, vere e proprie strutture lager al di fuori della normativa carceraria. Basti sapere che mentre nelle carceri qualsiasi parlamentare ha accesso per verifica, nei CIE questa possibilità è negata.
4. Guerra al lavoro nero, inserendo chi denuncia il datore di lavoro tra le categorie protette dall’art. 18 della legge 40 (quello che prevede l’emissione di un permesso di soggiorno temporaneo alla prostituta che denuncia il protettore).
5. Regolamentare la stampa in modo che sia vietato usare termini razzisti nei giornali.
6. Consentire il voto amministrativo agli stranieri che lavorano regolarmente in Italia.
Si attendono adesso le prossime attività del Comitato, che intende produrre iniziative lungo la strada che porterà alla prossima manifestazione del 1 marzo 2011.
Nel frattempo, l’accoglienza della Nave dei diritti prevista per sabato 26 giugno (*), proveniente da Barcellona. A bordo moltissimi italiani che vivendo in Spagna hanno modo di vedere l’Italia da un punto di vista internazionale, senza i filtri della stampa locale.
* www.losbarco.org
(Stefano De Pietro)