Lavoro – MayDay! MayDay!
Su Il Secolo XIX del 1 maggio Giuseppe Berta, Professore associato di Storia Contemporanea alla Bocconi, afferma: “La ricorrenza del 1 maggio si è annunciata quest’anno in tono minore e dimesso, ancor peggio degli anni scorsi”, e aggiunge che questa celebrazione “Sarà sempre più ritualistica, ma di fatto depotenziata”. Le tre grandi organizzazioni sindacali “fingeranno” soltanto di aver superato divisioni che segnano l’anacronismo della situazione sindacale italiana: “Cgil da una parte, e Cisl e Uil dall’altra restano organizzazioni che si fronteggiano con lo stesso senso di diversità di cinquant’anni fa, con la differenza che allora si ipotizzava di superare questo contrasto, mentre adesso ci siamo rassegnati a considerarlo permanente”.
La conseguenza è “Una realtà sindacale niente affatto incoraggiante. Da lungo tempo il sindacato italiano non smuove le passioni collettive che hanno fatto la sua forza nell’autunno caldo del 1969 e in seguito. Appare piuttosto come una organizzazione largamente burocratica, volta spesso ad amministrare con parsimonia il proprio presente, e priva, al pari della società italiana nel suo complesso, di una prospettiva di futuro” Tuttavia le cronache del giorno dopo non parlano di vuoti o fallimenti: 20mila le persone a Rosarno, dove erano i tre segretari generali, fino a 30mila ai cortei di Milano e Torino, sulle 700mila le presenze al concerto di Roma.
Resta però l’immagine complessiva di un puzzle debole e frammentato che le parole d’ordine “Lavoro, legalità, solidarietà” non hanno avuto al forza di ricomporre.
A Milano questa frattura si è espressa in modo evidente con due cortei: al mattino quello sindacale con i suoi 30mila partecipanti. Al pomeriggio invece la MayDay Parade 2010, dove le presenze erano più del doppio.
Andando sul sito degli organizzatori www.euromayday.org ci si trova di fronte ad un linguaggio diretto, aperto al mondo, che accoglie echi di femminismo, di impegno ambientalista, di antirazzismo: “ … Reclamiamo una scuola pubblica di qualità, un sistema di trasporti sostenibile e popolare, dei saperi liberi, fino ai diritti che non è più possibile legare solo al contratto a tempo indeterminato, come ferie pagate, pensione, malattia, maternità. Vogliamo un nuovo sistema di diritti, un welfare adatto alle nostre vite! Scenderemo nelle strade con rabbia e con gioia, per riappropriarci della città e far sentire la nostra voce. Saremo una macho free zone, per costruire un immaginario libero dalla cultura machista. Rivendichiamo una produzione culturale alternativa al piattume imperante, e vogliamo diffondere una conoscenza che sia realmente libera, condivisa e accessibile. Denunceremo la stupidità criminale del razzismo leghista e n on solo e mostreremo un presente di sorellanza tra nativi e migranti. Proporremo un’idea di futuro con lo spezzone no-oil a pedali e i sound system alimentati a pannelli solari. Diremo no alle speculazioni di Expo 2015, fatte sulla pelle dei cittadini e sui nostri territori martoriati. Precarie, operai, partite iva, hacker, cassintegrate, studenti, creative, commessi, giornaliste, disoccupati, stagiste – nativi e migranti. Da Dortmund, Ginevra, Amburgo, Hanau, Lisbona, L’Aquila, Losanna, Malaga, Milano, Palermo, Tubingen, Zurigo, Tokio, Toronto e Tsukuba, uniamoci contro la crisi e gridiamo: Mayday Mayday! Precarious of the world let’s fight! Saliamo sui tetti del mondo per opporci alla precarizzazione, per rivendicare reddito, diritti e cittadinanza per tutte/i. Il passato sta affondando. Il futuro siamo noi!”.
Nella sostanza alcuni obiettivi probabilmente coincidono con quelli del sindacato, ma quello che si respira qui è la capacità di esprimerli con passione e nettezza, legando tra loro, anche con la suggestione dei termini, i molti piani complessi della realtà. Ci devono essere parecchie ragazze, tra chi anima il Mayday.
(Paola Pierantoni)