Costume – La “praivasi” nel mondo reale

L’Italia si fregia di possedere la legislazione sulla tutela delle informazioni riservate più avanzata d’Europa. La legge 675/96 e le relative modifiche intervenute nel 2001 descrivono un esempio di società perfetta, o quasi.
Ben diversa la realtà che ci troviamo di fronte quando si scende poi nel mondo reale di uno stato con due facce, come il dio Giano dal quale sembra Genova prenda il nome.


Siamo in un centro per l’impiego genovese, cartelli che dirigono le persone alla sala di attesa, con un messaggio “in nome della privacy”. Le persone sono chiamate per numero, per evitare di diffondere il nome ad alta voce. Poi si entra nell’Olimpo del sistema, l’ufficio dove sei scrivanie sono disposte in bell’ordine da ufficio ottocentesco, anche se i materiali dei quali sono fatte sono moderni e i monitor sono piatti, di ultima generazione. Ti siedi e comincia l’intervista, dietro siedono altri candidati, in particolare una ragazza sudamericana alla quale un altro funzionario chiede “lei vuole fare la badante?” Ha esperienza con gli anziani? Dove risiede? Il suo numero di cellulare? Ha la patente?”, tutte notizie fornite a voce sommessa ma udibilissima, stante la vicinanza. Alla faccia della privacy, quella vera.
L’impiegato scrolla le spalle, ammette “si, in effetti è una cosa senza senso”.
Allora si evita di memorizzare il numero, così, per senso civico, si sdrammatizza pensando che una volta tutta questa diatriba sulla “praivasi” avrebbe fatto ridere, considerato che poi, alla fine, tutti quei dati finiscono in un cervellone elettronico dove qualsiasi tecnico addetto potrebbe mettere mano. Si costruisce un castello con un portone immenso, ci si dimentica spesso e volentieri di chiudere le mura di cinta e nel castello si entra poi dal retro. Basti pensare a quante volte al giorno viene violata la norma, anche quella del buon senso che sarebbe infinitamente preponderante, quando dai tabacchini il numero di cellulare viene urlato all’esercente per fare la ricarica, o quando nei negozi le “strisciate” matrice delle operazioni con le carte di credito sono lasciate in bella vista attaccate all’apparecchio, con il numero della carta e la nostra firma bene in evidenza.
Comunque, quello che conta, il servizio fornito è ottimo, il personale preparato e gentile, il sistema ben studiato, danno anche una busta di plastica semplice semplice con tutti i documenti al suo interno, senza troppi sprechi di materiali, stampe fronte e retro dove possibile. La praivasi lasciamola a qualche funzionario romano, noi stendiamoci a gustarci questo barlume di primavera senza sole. Da noi è così, grandi slanci per raccogliere una fava.
(Stefano De Pietro)