Iride-Enia – L’acqua: bene pubblico o no?

Tra i faccioni elettorali che giganteggiano in città occhieggia un manifesto del PD, che annuncia un convegno su Iride e la riforma dei servizi pubblici locali: dopo quattro anni di discussioni e 14 mesi di annunci fatta la fusione fra Iride ed Enia, multiutility del NordOvest, che si occuperà di acqua, gas, rifiuti, energia, la seconda per importanza in Italia.


Grande la soddisfazione dei Comuni interessati, Torino, Genova e la catena di quelli emiliani, con Parma, Piacenza e Reggio in testa. Una questione di “governance” aveva frenato il tutto ma il decreto Ronchi, che stabilisce che entro il 30 giugno 2013, i Comuni devono scendere al 40% del capitale ed entro il 2015 al 30%, ha affrettato l’unione. Ci son voluti ben 80 consigli comunali in Emilia per approvare il vincolo del 51% in mano pubblica e così con la certezza di detenere la maggioranza, in tempi di finanze magre, queste società di servizi costituiranno vere casseforti per i Comuni.
La nuova società è stata presentata come una vittoria alle spinte speculative private. Sarà. Ma la maggioranza della proprietà pubblica perchè dovrebbe garantire la riduzione di costi per il consumatore? Si potrebbe obiettare che mancando le regole per attuare una vera concorrenza sul mercato, non si porrebbero ostacoli ad un rialzo dei prezzi e magari maggiori introiti nelle casse comunali. I fautori della privatizzazione sostengono che eventuali aumenti di tariffe farebbero soltanto recuperare gli investimenti, migliorando nel tempo il servizio. A Milano, dove c’è stata una gestione efficiente e tanti investimenti è la città dove l’acqua costa meno. Secondo Cittadinanzattiva invece “privato” non è in automatico sinonimo di efficienza: a Latina, per esempio, il gruppo privato Acqua Latina ha aumentato le tariffe del 300%. A chi credere?
Dichiara la sindaco di Genova: “Sono contenta, anche per i cittadini”, che tuttavia pagano la bolletta più cara del NordOvest, 325 euro contro i 222 di Torino per una famiglia di tre persone (Il Sole 24ore).
L’acqua, bene comune fuori dal mercato, invocano tanti.
Il Comune di Torino ha approvato una delibera dove si dice che ” la proprietà delle reti del servizio idrico è pubblica e inalienabile… e la gestione da effettuarsi esclusivamente mediante soggetti pubblici”. A Genova non è passata così. Timori di Borsa.
Intanto l’oggetto del contendere infinito, la governance, cioè le poltrone di comando, pare risolto con la creazione di ben sei società operative, tra cui due a Genova. Alla faccia del decreto Lanzillotta che prevedeva la diminuzione di partecipate e consiglieri. In Italia ci sono 4.461 società partecipate e 2.291 consorzi: secondo la Corte dei conti le imprese locali hanno 255mila dipendenti e 38mila persone con incarichi societari, una ogni 5,6 dipendenti, con stipendi da 100mila euro in su. Fino ad arrivare ai 338mila euro del presidente di Hera, altra municipalizzata che doveva unirsi: compensi e potere ad ostacolare il matrimonio?
La vera scommessa dell’operazione Iride-Enìa è forse che la possibilità di maggiori investimenti, la razionalizzazione delle strutture di governo in queste imprese consenta il «miracolo» dell’abbassamento delle tariffe. Speriamo.
(b.v.)