Globalizzazione – Laboratori sociali e isole multietniche
Dopo l’omicidio di un ragazzo egiziano e i disordini che ne sono seguiti ora a Milano si invocano i rastrellamenti, si fanno fiaccolate del Pdl: tutti cittadini, come dice il candidato della Lega a governatore in Piemonte, che chiedono tutela per i propri diritti. Ma chi governa quel territorio da quindici anni? Ora si scopre che ci sono quartieri-ghetto, scuole a “maggioranza” straniera, lavori rubati agli italiani: luoghi comuni e mezze verità che la crisi economica ha portato allo scoperto in Italia come in tutta Europa.
Così in Francia si preparano “zone speciali” per gli stranieri illegali, dopo uno sbarco di curdi in Corsica: la zona coprirà il perimetro dove verranno trovati i clandestini; non espulsioni ma “partenze umanitarie” verso un paese di origine sicuro, ammesso che ne esista uno, con un’iniziale protezione sul posto. Intanto è al via l’esperimento in Olanda dove ai nuovi arrivati si chiede d’imparare la lingua e di vedere un film… con un bacio omosessuale. E’ l’Europa delle isole etniche, dove a Bruxelles un pugno di tifosi è andato a festeggiare la vittoria in un quartiere ad etnia turca, scontrandosi con coetanei al grido di jallah, avanti. La Svezia che ha accolto il 76% di profughi iracheni ora vorrebbe reindirizzarne almeno 10 mila verso altri Paesi Ue, mentre la Germania che ufficialmente non espelle, pratica estradizioni in larga scala, anche per piccoli reati. Questa è l’Unione Europea che fatica a trovare una legislazione comune sull’accoglienza, pare un arlecchino il panorama di provvedimenti e il prezzo più alto lo pagano le città, laboratori sociali dove si sperimenta l’integrazione, in attesa di un’Unione che non c’è. La vera notizia è che l’immigrazione è in calo per via della recessione.
L’unica isola multietnica apparentemente felice la trovi oggi alle olimpiadi di Vancouver. Lì, la più bella gioventù del mondo si misura senza distinzione di razza: ragazzi che hanno sacrificato tempo e forze per poter partecipare al grande circo bianco. Non solo campioni e sponsor, ma giovani anche di piccole nazioni che coronano un sogno. Poche sgarberie, qualche frecciatina, ma poi conta solamente quel manto bianco, neve o ghiaccio perfidi. L’unica differenza è che i big sono arrivati prima e in business class, ma i più in classe turistica la sera stessa. A questi apparteneva Nodar, il ventunenne georgiano slittinista di terza fascia, che ha trovato la morte dietro una curva della pista più veloce del mondo: infranti un sogno e una vita per un record. Ora dicono che per i migliori la velocità non è un problema, per gli altri invece è un pericolo la curva ribattezzata “50-50” perché già ai campionati del mondo metà dei concorrenti era volata. Ma alle olimpiadi s’iscrivono tanti, anche solo per poter dire io c’ero, come il giovane kazaco che non avrebbe mai gareggiato per il suo paese se non fosse caduto il muro o l’etiope che ha schettinato come poteva, esercitandosi nel suo paese in guerra e con la pista da ghiaccio che non c’è.
(b.v.)