Città – Il rimpianto dei poveri per un mercatino controverso

Ore 8,15, Caricamento, sull’autobus n.1 in attesa di partenza.
Dietro a me, due pensionati chiacchierano, brusio di sottofondo per me che sto leggendo il giornale. Poi, all’improvviso, alcune parole suscitano la mia attenzione e mi metto ad ascoltare.
I due parlano del controverso mercatino abusivo dell’usato che da ormai qualche anno occupa i portici di Sottoripa e la terra di nessuno di fronte all’expo, nelle ore clandestine della mattina prima che i negozi aprano o la domenica pomeriggio, tra le auto parcheggiate.
Un mercatino di povere cose, che alcuni dicono rubate, ma che più probabilmente sono state sottratte ai depositi “Staccapanni” della Caritas o alle isole ecologiche dove naufragano i relitti del consumismo e dell’obsolescenza precoce.
Un mercatino gestito e frequentato soprattutto da immigrati, che da anni è nel mirino dei fautori del “decoro urbano” i quali, alla fine, hanno avuto la meglio.


Il mercatino, infatti, da qualche giorno è sparito.
Drizzo dunque le orecchie, aspettandomi di sentire la solita sparata contro gli immigrati nullafacenti, delinquenti e ladri e per di più occupatori abusivi di suolo pubblico ai danni degli onesti commercianti, ma la sorpresa è grande quando, invece, scopro che i due ne lamentano proprio la scomparsa. Ci si comprava bene, sospira uno.
Eh già, conviene l’altro, guarda queste scarpe, quasi nuove e le ho pagate cinque euri. Si poteva vivere e lasciar vivere, no? Per gente come noi, era una cosa utile.
Meglio che andare alla parrocchia, comunque. Almeno così non sembrava di chiedere la carità. Poi il discorso cambia, si passa a parlare di sport e io riprendo a leggere il giornale.
Non senza qualche riflessione, però.
La povertà, signori e signori, esiste. E’ invisibile, mimetizzata, ma esiste. E non è solo la povertà estrema dei senza fissa dimora, ma è anche quella vissuta con la dignità di chi non si rassegna a chiedere la carità e trova risposte fai da te, incontrandosi con altre povertà, diverse ma altrettanto dignitose e invisibili. In tempi in cui è difficile perfino criticare la pratica del consumismo sfrenato senza passare per sognatori un po’ ingenui e fuori dal mondo, forse il mercatino sparito di sottoripa potrebbe essere un esempio di come offrire una vita nuova a oggetti ancora utilizzabili e uno spazio di incontro e di civiltà a coloro che la società opulenta lascia al margine, migranti o nativi che essi siano. Alla faccia, se mi permettete, del decoro urbano.
(Paola Repetto)