Società – Piccole veline crescono
Ondeggiano le balze della gonnellina candida, luccica la coroncina tra i capelli neri che accarezzano le spalle, mentre ancheggia sinuoso quel corpicino ambrato, esile, dalle lunghe gambe magre. E’ Julia Lira, sette anni, due dentoni di sorriso alla ronaldhino, reginetta della percussione, come l’ha presentata il padre, direttore della scuola di samba, che la vorrebbe designata quest’anno dea del carnevale a Rio. Molte proteste si sono levate per l’inusuale incoronazione dalle associazioni dei diritti per l’infanzia: favelas e storie di bambini violati forse preoccupano il Brasile, nuova potenza globale.
Danno d’immagine vedere sfilare e ballare la bimba, tra corpi succinti in un mix di pathos emozionante, ma pure trasgressivo e sensuale, oltre l’idea di un popolo che della danza ne ha fatto espressione di gioia di vivere. Benché, turismo sessuale e meravigliosa musica a parte, si esportino per ora idoli della domenica, i calciatori che in Europa hanno trovato l’America e malinconici trans, che sovente trovano qui l’inferno.
Chissà se traccia di sentimenti simili attraversano l’Italia, che il sabato sera è alla tv per “Io canto”, programma che vorrebbe rifarsi allo Zecchino d’oro: quante canzoni fischiettate, le si insegnavano pure a scuola. Come allora stupiscono splendide voci di bambini, che sotto la regia del sornione e confidenziale presentatore Gerry, si accompagnano a vecchie glorie patinate in formato buonista-piacione.E’ un programma per famiglie, e così in platea mamme, papà e nonni dagli occhi umidi s’impegnano in applausi forsennati.
Non manca neppure la veste multietnica: sabato scorso ha partecipato una giovanissima cinese, conquistando il televoto, tra le lacrime di due compostissimi genitori.
Nulla di male nelle emozioni di babbo e mamma, i figli sono pezz’e core. Tanto meno nel divertimento e nella felicità delle star in erba: cantare e ballare sono meravigliose espressioni dell’essere umano. Ma la gara canora inventata da un amatissimo mago Zurlì, adesso ha di contorno sul palcoscenico bimbette che ammiccano in gonnelle sfavillanti, scatenate nel ballo con goffi maschietti seriosissimi. Così la mente corre a quel film in bianco e nero, con Anna Magnani che trascinava sul set la “Bellissima” figlia, bruttina perché ispida brunetta e non boccoli d’oro.
Non c’è nulla di nuovo dunque e lungi dall’invocare acqua e sapone autentici. O forse sì, perché adesso il modello veline sembra imperante presso giovani e giovanissimi, lo dimostra Amici, targata De Filippi, nona edizione: negli occhi dei concorrenti, ventenni o dodicenni, lo stesso sguardo di spasmodica ansia, il desiderio di vincere, di essere accettati in quel mondo di plastica. Senza nessun disprezzo verso lo star system s’intende, sembra proprio che oggi per le nuove generazioni appaia spesso il percorso migliore per realizzare se stessi con l’appoggio incondizionato dei genitori. Sarà la disoccupazione.
(Bianca Vergati)