Bambini – I mondi paralleli del 2010

L’uomo che l‘ha in braccio innaffia la bimba con una bottiglietta d‘acqua, la fa bere, quasi uno scherzo da spiaggia e lei non capisce, si guarda intorno come una farfalla uscita dal bozzolo,gli occhi grandi, neri, spalancati, ignari. Dopo quasi 100 ore l’hanno tirata fuori dalle macerie di Haiti, da quel buco nero che era un tempo paradiso della natura, defraudato poco a poco di tutto, degli alberi e della poesia, patria di poveri per l’80%, dove si vive con meno di un dollaro al giorno.
Nessuno scommette su quei bimbi, anche se ora ci sarà la solita gara di solidarietà di sms a uno o due euro, o di proposte d’affido, d’adozione egli italiani sono generosi.


Ma poi, vuoi mettere i capelli biondi e lo sguardo ceruleo di quelli dell’Est europeo?
In Italia però siamo davvero più buoni. Si è imposto il tetto del 30% di ragazzini stranieri nelle classi, mascherandolo come aiuto agli alunni in difficoltà: non un sostegno reale, non un rilievo sulle frustrazioni di scolari, famiglie o insegnanti. Scattato pure lo stop ai baby calciatori, figli d’immigrati con un provvedimento nella Regione Lazio, dove la zelante Federcalcio rifiuta l’iscrizione ai minori, anche se nati qui, figli di extracomunitari presenti nel Paese, ma con il permesso di soggiorno “ in attesa di rinnovo”, (Repubblica, 24/12/09). Violando così i diritti dell’infanzia perché si ostacolano l’integrazione e la possibilità di svolgere l’attività sportiva necessaria allo sviluppo psicofisico del bambino, come recita la Costituzione italiana.
Non una voce s’è levata. Il piccolo Radwan, marocchino che vive a Roma, non si dà pace, lo tengono in panchina, non è il mitico Balotelli dell’Inter, vittima impudente di cori razzisti per il quale sono stati spesi fiumi d’inchiostro e sul cui caso pure il Ministro dell’Interno si è scomodato.
Invece in India, paese della Tata, l’utilitaria a mille euro, l’esperienza pilota di una Ong locale fa sognare in un futuro migliore dalle parti dell’ex quarto mondo. Qui infatti funziona la banca dei bimbi, ovvero non soltanto si accettano depositi di poche rupie ma si presta denaro ai giovanissimi clienti.
Sono orfani, figli di prostitute, fuggitivi, senza casa, che vanno a raccogliere la spazzatura, a scaricare la frutta, a preparare gli ornamenti religiosi. Non lavorano nelle industrie, dove ci sono già i grandi mal pagati. Con i loro piccoli commerci di strada spesso danno da vivere a tutta la famiglia. Badshah, 11 anni, vendendo fuochi d’artificio e depositando i suoi guadagni si è poi iscritto a scuola. Con un prestito Muskan, di anni 13, ha pagato le tasse scolastiche, mentre l’undicenne Josh aprirà un suo banchetto di tè. Forse si legalizza lo status di lavoro minorile, ma è un fatto che molti ragazzini in strada magari verrebbero derubati o aggrediti, così invec e li si incentiva al risparmio, all’iniziativa, li si aiuta a fronteggiare la quotidianità. Ben volentieri, pur di poter depositare minuscoli guadagni, fanno la fila ogni giorno, instancabili: hanno capito, qualcuno sta dando loro una speranza, una chance.
(Bianca Vergati)