Civiltà – Chi costruisce le città e chi agita fantasmi
Kibaru, cioff, beor, sadd, sesè bianco, sesè nero, skubia.
I cartellini dei surgelati al mercato comunale di Prè sono in italiano: dentice, cernia, ombrina, luccio, barracuda, lecce, sugarelli, sgombri, ma il signore e la signora dietro al banco ormai li nominano nelle lingue parlate dai loro clienti abituali, e cioè in senegalese e nigeriano. Che a comprare siano soprattutto cittadini africani del resto lo si nota a prima vista, guardando i giganteschi pesci irrigiditi dal gelo, un panorama ittico molto diverso da quello che si vede in altre zone della città. I negozianti hanno individuato gli importatori in grado di procurare la merce richiesta dalla loro clientela, e col nominare i pesci nella lingua di chi acquista hanno reso il rapporto coi clienti accogliente, allegro, complice.
Un tempo l’insegna “DROGHERIA” composta con diversi tipi di semi e legumi era su Via del Campo, ora orna l’interno del negozio rilevato da cittadini marocchini. Lo storico negozio di drogheria, farine e legumi sfusi non è scomparso come molti temevano quando i vecchi proprietari sono andati in pensione, ma è stato reinterpretato in chiave nordafricana. Accanto alle novità (è stato introdotto un banco di carne, e prima non c’erano olive piccanti, teiere, vassoi e pentole per il cous cous) sono rimasti i vecchi sacchi di fagioli, lenticchie, farine… Il mantenimento della vecchia insegna simboleggia questa possibilità di continuità, di fusione, di riconoscimento reciproco.
Nel negozio di frutta e verdura di piazzetta del Campo insieme ad un accento calabrese si sentono risuonare i nomi di Abdul e di Ahmed: la gestione è italo marocchina.
I proprietari di un minimarket in Via del Campo sono del Bangladesh, ed abitano da qualche mese nello stesso palazzo in cui si trova il negozio, e in cui, detto per inciso, si trova da anni e senza alcun problema una sala di preghiera, seppur priva di minareto. La giovane signora velata, moglie di uno dei negozianti, ha stretto amicizia con la signora del piano di sotto, genovese storica, abitante del palazzo da trenta anni: le si vede salire e scendere le scale e farsi visita, bambini che vanno su e giù.
Il popolo comprante del macellaio italiano di Via del Campo è invece in gran maggioranza sudamericano, popolo carnivoro quanto l’africano è pescivoro. Nei banchi una presenza di tagli “poveri” e di interiora che non si vedrebbe altrove, e permanentemente una folla indice di ottimi affari.
Nella quotidianità offerta da un quartiere complicato e misto, le persone, dopo essersi un po’ annusate reciprocamente, hanno iniziato a riconoscersi e a costruire una nuova città, per niente affatto brutta.
Nel frattempo con una angosciante progressione la Lega avanza proposte sempre più esplicitamente razziste, con la certezza di avere il potere di condizionare il governo.
Chi non vive con gli immigrati la quotidiana condivisone di uno spazio urbano complesso e vitale è esposto a questi fantasmi, e la possibilità che prevalgano non è remota.
Questo aspetto del nostro futuro meriterebbe più attenzione degli europei di calcio.
(Paola Pierantoni)