Economia -Il nostro futuro di vecchi poveri
La Repubblica – Affari e Finanza, 23 novembre, Roberto Mania in un articolo intitolato “La generazione lavoro zero”, traccia il quadro della Grande Crisi occupazionale italiana.
Dal 2008 ad oggi persi cinquecentosessantamila posti, prevalentemente tra persone sotto i quarant’anni. Presentante più di un milione e mezzo di domande di accesso all’indennità di disoccupazione e sessantamila richieste di mobilità. Ricorso alla cassa integrazione aumentato del tre, quattrocento per cento. Tasso di disoccupazione al 7,4 per cento. Tasso di disoccupazione giovanile fino al 25 per cento. Maina descrive la “prima recessione del mercato dualistico: da una parte i lavoratori standard, tendenzialmente protetti da un sistema di ammortizzatori sociali ideati in pieno novecento, ritagliati sul lavoratore maschio della grande impresa del nord industriale; dall’altra gli atipici, giovani, flessibili, precari, praticamente senza tutele, figli dell’apartheid contrattuale” L’articolo descrive una crisi che colpisce entrambi, legando i primi “nell’illusione di una cassa integrazione presa a dosi massicce, collocandoli ancora tutti tra le file degli occupati per quanto a or ario ridotto se non azzerato; abbandona i secondi, tagliando forse definitivamente la prospettiva dell’ingresso nella cittadella degli insiders”. Le aziende cancellano posti di lavoro e non rinnovano i contratti a tempo scaduti.
Tra i giovani di età tra i 15 e i 34 anni sono stati cancellati centoventisettemila posti di lavoro. I disoccupati italiani sono, nel primo semestre 2009, un milione novecentododicimila. Va registrato che il tasso di disoccupazione, aumentato ovunque, è rimasto stabile nel Mezzogiorno, dove, scrive Maina, l’effetto scoraggiamento induce a non cercare più occupazione e a ricorrere al lavoro nero. In molti si sono resi invisibili.
Non conosce crisi il comparto dei servizi alla persona: 7,8 per cento in più. E’ il settore badanti che ha visto un aumento occupazionale di centottantaquattromila unità.
Questo il quadro, che tuttavia non mette a fuoco le storie dei singoli. La statistica li spersonalizza includendoli in gruppi omogenei. Chi dentro. Chi fuori. L’articolo non risponde al come si sopravvive in Italia da disoccupati o cassintegrati. Ma è certo che il pezzo Maina ha il pregio, attraverso i numeri, di dare visibilità ad un esercito di persone altrimenti invisibile e disgregato. Messo nell’impossibilità di formulare richieste sul lungo periodo.
Nell’articolo inoltre viene data visibilità alla rottura del patto che lega le generazioni attraverso i contributi pensionistici. In mancanza di lavoro, nulla viene versato. Il quadro, sul lungo periodo presenta un esercito di “vecchi-poveri” sui quali, ad oggi, è impossibile fornire i dati.
(Giovanna Profumo)