Città – Silenzio sul Critical Wine

Sulla stampa locale non ha raccolto più di qualche trafiletto nelle brevi. Solo il Corriere Mercantile dell’11 novembre scorso ha dedicato al quinto anno di “Critical Wine” quello che si può definire un articolo. Contadini poeti, dice l’articolo, che “cercano di sfuggire ai magli della grande distribuzione” e che fondono “cultura e commercio etico”.
Tavoli con bottiglie di ottimi vini a prezzi onesti, grappe, birre artigianali, farine, e uova di galline libere, sono stati allestiti, il 14 e 15 novembre scorsi, tra i graffiti del Buridda (galleria di immagini).


Nei grandi spazi del “laboratorio sociale occupato autogestito” una trentina di piccoli produttori agricoli, ragazze e ragazzi che girano con la disinvoltura dei frequentatori abituali, e adulti che fanno il giro degli assaggi, guardandosi in giro in un mondo che non è loro: almeno tre mondi che entrano in contatto.
In una stanza due ragazze non presentano vini, ma uno strano oggetto: una lattina di birra da cui esce una fiamma, versione minimalista della “Lucia Stove”, un sistema progettato e prodotto a Tortona per offrire energia a bassissimo costo, utilizzando combustibili poverissimi (pellet, scarti di lavorazione dell’agricoltura), lasciando come scarto un carbone vegetale non inquinante (http://www.geronimi.it/2009/06/18/la-lucia-stove-di-nat-mulcahy/). Oggetto progettato per i paesi poveri, in epoca di riscaldamento globale e crisi energetica, ha un probabile futuro anche in quelli ricchi.
Al Critical Wine c’era anche la Associazione antimafia Libera.
Pensandoci, i mondi che sono venuti a contatto negli stanzoni del Buridda erano più di tre, ma mancavano, evidentemente, quelli che mobilitano l’attenzione dei giornali.