Lettere – A proposito del crocifisso

Ricevo da molto tempo la Newsletter Oli e spesso mi trovo a condividerne i contenuti. Non così per lo sconcertante pezzo pubblicato sul n. 239, “Come si misura la laicità di uno stato?”, in difesa del crocifisso nelle scuole (e, devo supporre, in tribunali, ospedali e altri luoghi pubblici).
Il crocifisso (come Gesù e le Scritture) si presta certo a opposte letture (simbolo di pace solidarietà e amore ma anche della “conquista” crociata, dell’evangelizzazione forzata, della “messa in croce” in nome di Cristo delle streghe e degli eretici). Ma storicamente esso è soprattutto diventato il simbolo di una data confessione religiosa, neppure delle confessioni cristiane ma di quella cattolica. Tanto è vero che proprio evangelici, valdesi, e anche comunità cristiane di base tipo l’isolotto di Firenze, hanno salutato come un passo avanti sulla via della laicità la sentenza di Strasburgo.


Non vedo quindi perché il crocifisso debba essere imposto in luoghi pubblici, frequentati da cattolici, ebrei, atei, musulmani etc. a meno di non accettare che ognuno a proprio arbitrio “appenda” nello stesso luogo il “suo” simbolo così come su un territorio esistono chiese cattoliche, sale da ballo, mercati, sedi di giornali, associazioni o partiti, moschee, sinagoghe, pagode.
Ma si converrà che riprodurre tale varietà sul muro di una classe o di un ospedale, anziché lasciarli sgombri da ogni simbolo, è difficilmente praticabile e anche un po’ ridicolo. E sarebbe in ogni caso rifiutato da vescovi e cardinali perché allora il crocifisso non avrebbe più il ruolo che gli assegnano e per cui così ostinatamente ne difendono la presenza: “marcare il territorio” (altro che presenza innocua) della Chiesa, quello dove i suoi precetti vanno imposti a credenti e no, ope legis.
Non mi pare che valga lo stesso discorso per le “festività”, compresa la domenica. Per coerenza, si dice, si dovrebbe chiedere la soppressione di quelle cattoliche. Si dimentica di aggiungere che, in quel caso, si dovrebbe pur sempre sostituirle con altre stante l’esigenza per niente vergognosa, come cerca di farla apparire l’ articolo, di non lavorare 365 giorni su 365… In altre parole, stante che vanno previsti un certo numero di giorni festivi per tutti, si tratta di trovare quelli che vanno incontro meglio alle esigenze della maggioranza senza ledere i diritti delle minoranze. Certo vanno messi in discussione, anche in rapporto all’evoluzione della società, l’attuale prevalenza assoluta in Italia delle festività tutte e solo cattoliche su quelle civili e il disconoscimento di altre festività civili o religiose ma non cristiane o del venerdì musulmano e del sabato ebraico. Va chiesta la soppressione di alcune e ne vanno proposte altre ecc.
Ma, ripeto, mi pare discorso diverso da quello del crocifisso.
(Walter Peruzzi)