Congresso Cgil – Entrare in sala a pellicola iniziata

Repubblica 15 novembre: nella pagina dedicata alla manifestazione CGIL del giorno precedente, un boxino comunica che la confederazione si avvia così divisa al congresso di maggio: “da una parte il documento che fa riferimento al segretario generale Guglielmo Epifani, dall’altra quello di un’area trasversale che va dalla Fiom, ai pubblici dipendenti, ai bancari, fino al segretario confederale Nicoletta Rocchi”
La maggioranza della base – come spesso succede quando gli organismi si rinnovano – rischia di entrare nella discussione come si entra in sala a pellicola iniziata, “ma cosa è successo? chi è quello?”.


La sensazione è quella di una condivisione tardiva, per la quale sono chiamati ad esprimersi iscritti poco coinvolti o che non ne capiscono appieno le ragioni, una discussione che vede protagonista la classe dirigente del sindacato. Da sola.
La domanda inespressa per questo congresso è quella che si è posta la sinistra negli ultimi anni: cosa dobbiamo cambiare?
Per il maggior sindacato italiano – quasi sei milioni di tessere – che si è visto sottrarre di prepotenza la parola nell’anno in corso, il tema riguarda la strategia delle azioni future.

Lo scenario è agghiacciante: disoccupazione, cassa integrazione, precariato. La Cgil di oggi, se è madre delle molte categorie che la compongono, deve, per sua natura, dar voce a iscritti di provenienza diversa e con problemi specifici. E’ possibile scegliere una linea comune? E soprattutto è possibile rispondere alle richieste che provengono da un mondo del lavoro che è già cambiato?
Alcuni hanno la certezza che al di fuori della Fiom, salvo poche eccezioni, non si abbia ben chiaro quello che sta accadendo, e dicono di essere in presenza dello smantellamento di fatto del sindacato. Chi lo dice si riferisce alla riforma del sistema contrattuale approvata il 15 aprile da Cisl, Uil, Ugl, con un no secco della CGIL, e rivendica con forza che, così come ha fatto la Fiom, tutte le altre categorie abbandonino i tavoli di rinnovo dei loro contratti. E’ una linea che ha la sua coerenza di fondo: non ci si siede al tavolo di chi ti vuole cancellare.

Altri credono invece che sia d’aiuto ai lavoratori e alle categorie stesse continuare i percorsi intrapresi prima della rottura con Cisl e Uil, ed essere presenti come sindacato, nonostante tutto, ai tavoli di trattativa. La coerenza, in questo caso, sta nell’essere fedele al mandato di rappresentanza del lavoratore iscritto.
I due punti di vista sono solo tasselli di due approcci diversi e sembrano avere come nocciolo la possibilità o l’impossibilità di dialogare.
Al congresso, convitati di pietra potrebbero esserci i partiti di sinistra ed il Pd con le sue componenti radicali e moderate. L’assenza di Bersani, rappresentato da Enrico Letta, alla manifestazione Cgil di sabato 15 novembre, e la presenza di Di Pietro sono segnali politici.
La domanda è se La Cgil del futuro e del congresso saprà coinvolgere (ed iscrivere) il milione e mezzo di disoccupati che occhieggiano dagli articoli di stampa, insieme alle migliaia di precari.
www.cgil.it/ChiSiamo/Quanti_Siamo.aspx
(Giovanna Profumo)