Genova pride – The sound of silence
Il silenzio tombale che, tra una raffica e l’altra di applausi, si è fatto in Piazza De Ferrari al nome di Burlando, quando Vladimir Luxuria lo ha ringraziato, lui assente, per il sostegno finanziario dato al Pride, dovrebbe essere ascoltato con molta attenzione dall’interessato, perché in quel silenzio c’era tutta l’immensa distanza che lo separava da quella piazza.
Lo ha tenuto lontano un improrogabile impegno familiare. Peccato, perché la presenza personale, il mettere il proprio corpo, la propria faccia, a contatto con altri corpi e facce è un messaggio politico inequivocabile.
Marta Vincenzi ha capito, c’è andata lei, e c’è andato un bel numero dei suoi assessori. Ha capito che quella del 27 giugno non era una piazza GLTB, ma una piazza piena di gente: G, L, T, B, etero, bianchi, neri, turchini, genovesi e foresti che partecipavano a quella che Enrico Pedemonte su Repubblica definisce “La manifestazione politico culturale più importante che si è svolta a Genova negli ultimi anni”. Una piazza in larghissima prevalenza di sinistra che parlava di diritti e di dignità, importante per tutte le differenze che la attraversavano senza frantumarla, e che ha posto alla politica domande di fondo: sul concetto di famiglia; sul rapporto tra uguaglianza e differenza; sulla soglia angusta su cui si incagliano molte sbandierate dichiarazioni di laicità; sul rispetto del diritto di ciascuno su se stesso, sul suo corpo; su come tentare di tutelare con azioni internazionali e politiche di accoglienza chi rischia la prigione e la morte per le proprie scelte sessuali. La prima piazza che ha dato voce nazionale alla rivolta in Iran. Credo la prima manifestazione a Genova con la traduzione simultanea per i non udenti.
Compito della politica rispondere: esserci, compromettersi.
Pedemonte nel suo bel fondo (ma come mai Repubblica sulle pagine nazionali ha relegato la notizia ad un piccolo articolo in ventunesima pagina?) osserva: “La politica, quella che non è mera occupazione del potere, dovrebbe essere soprattutto battaglia culturale. E quella per i diritti civili non è forse oggi la prima battaglia della sinistra?”
(Galleria di immagini a cura di Paola Pierantoni ed Ivo Ruello)
(Paola Pierantoni)