Politica – Servono (urgentemente) poeti e giornalisti
Servono, urgentemente, poeti. Poeti della politica, nella politica. Intendo persone (saccheggio blogs e dizionari) “capaci di suscitare emozioni”, “creatrici di mondi”, che sappiano “muovere l’anima di chi li ascolta alla ricerca di domande”. Penso a questo mentre, sabato scorso, guardo Don Gallo che sale su un palchetto in Piazza del Campo con i trans del Ghetto per dare il via alla festa organizzata dalla Comunità di San Benedetto. La scommessa di Don Gallo era quella “di portare persone, cittadini, turisti, residenti di ogni razza e colore, dentro al quartiere meno frequentato della città vecchia”. Questo è successo, ma la cosa più grande è stata che le persone socialmente confinate nel ghetto ne sono uscite, e che gli abitanti “di tutte le razze e colori” e, aggiungo: sessi, generi, condizioni sociali, abbigliamenti, si sono mischiati fino a mezzanotte inseguendo poesie, discussioni filosofiche di gruppo, canzoni di De Andrè e altri, musiche di ogni tipo fino al rock messo su dai ragazzi di Aut Aut.
Non avevo mai visto nulla di simile. Solo il Suq, nel suo spazio, riesce a creare questo tipo di condivisione. Ma quel che è avvenuto sabato è avvenuto negli spazi ordinari della vita, in un quartiere. Quando Don Gallo, dopo che i trans hanno terminato di cantare Princesa, grida “W le Princese”, intende “viva la dignità delle persone, di ogni persona”. La gente capisce, applaude, si commuove. Quando dice “ Il risanamento della zona? Bene. Ma non deve essere un risanamento per la speculazione” intende che vorrebbe che lì continuassero a vivere esattamente le stesse persone che si ritrova intorno in quel momento. La gente torna ad applaudire, a commuoversi. Don Gallo sottolinea “Sono state invitate anche le autorità, gli amministratori. Speriamo che vengano”. Ma le autorità non verranno. Eppure lì andava in onda la politica, la politica ad alto livello. Solo che era la politica delle persone che si compromettono, che si muovono “in direzione ostinata e contraria” come diceva lo striscione nella “piazza senza nome”, tra macerie che nessuno ha mai rimosso. Sta di fatto che a darci l’emozione delle possibilità ancora aperte, in questa città c’è solo qualche prete un po’ eretico. Don Balletto ci ha lasciato, ci restano Don Gallo e Don Farinella. Da miscredente di sinistra mi chiedo: ma è mai possibile che per un po’ di speranza debba guardare a dei preti, per strani che siano? Che tra i politici veda solo gente povera di emozioni, povera di verità? Cosa vado cercando? Obama? Ecco, Obama. Magari anche in scala minore. Aggiungo che, oltre ai poeti, servirebbero – più modestamente – dei giornalisti. Di quel che è avvenuto sabato il TGR ha servito la solita melassa glassata che ricopre, rendendole indifferenziate, tutte le “notizie”; il Secolo XIX ha ridotto tutto a folklore; Repubblica ha speso in tutto 18 parole (di numero, incluse le particelle di congiunzione). Nessuno che sia andato a vedere, a parlare con chi c’era, a chiedergli cosa era, per lui, quel che stava vivendo.
(Paola Pierantoni)