L’assemblea AMN. Quanti politici assenti al funerale della Giustizia
Per andare all’assemblea aperta indetta dall’A.M.N. il 24 novembre, in occasione dello sciopero della magistratura, mi sono vestito di scuro come si conviene per un funerale che conta. I discorsi non sono di circostanza ma chiari, sentiti e partecipati dal pubblico presente.
Gli esterni hanno accolto l’invito e sono venuti numerosi. L’aula non contiene tutti. Numerose sono le telecamere ma pochi i rappresentanti politici. I relatori, magistrati ed avvocati, sollecitano “una risposta corale”, “l’urgenza della memoria”, “in un clima di complessiva e trasversale sottovalutazione delle implicazioni di questa riforma” che, come sostiene un avvocato, dissociandosi dalla posizione delle Camere Penali, è “un attacco alla Costituzione ed ai suoi articoli”.
Queste frasi inducono a riflettere. Non solo i fondamenti del sistema giudiziario sono messi in discussione ma la Costituzione stessa. Il frutto della sintesi di diverse volontà politiche, temprate dalla sofferenza della dittatura, che avevano individuato un sistema condiviso di valori civili e modellato poi su questo sistema le istituzioni viene cambiata a colpi di maggioranza. Mentre le conclamate riforme poggiano tutte su inqualificabili e contingenti interessi di parte. Perché tanta generale e percepibile indifferenza? Perché pochi sono i politici presenti oggi a questa assemblea aperta? E’ solo la volontà di pochi, al potere, che impone al paese questa riforma?
Le risposte non sembrano incoraggianti. Al 44 per cento circa di coloro che si identificano in questa maggioranza dobbiamo sommare silenzi ed errori dell’attuale opposizione. L’assenza di un progetto forte ed alcune recenti scelte infelici inducono al pessimismo. Basta citare l’arruolamento sotto l’Ulivo, forse per un pugno di voti, di sicuri paladini del nuovo modo di far politica e di concepire la giustizia: Cirino Pomicino – Titti Parenti – Giusi La Ganga ecc. Ma spaventa ancor più la voglia di dialogo con questa maggioranza sulla riforma in questione, inopinatamente esplicitata dai meno avveduti leaders dell’Ulivo ma latente in molti dei così detti riformisti, insofferenti ad ogni controllo degli organismi istituzionali preposti.
L’auspicio è che le frasi che hanno riscaldato l’assemblea arrivino alle segreterie dei partiti e trovino politici ricettivi, capaci di trasformarle in progetti politici e linee di azione. Oggi è in discussione il futuro democratico ed il sistema di valori civili del paese, non gli interessi corporativi dei magistrati, come proclama la maggioranza e forse anche alcuni altri che militano nel centro sinistra.
(Vittorio Flick)