Migranti – Lascio Genova perchè ho paura

Incontro, nei dintorni del Suq, un immigrato che conosco da tempo. Persona di cultura, nella manciata di anni che vanno dalla metà degli anni ’90 ad oggi ha percorso la strada che porta dalla accettazione, per sopravvivenza, di qualunque lavoro, alla conquista di una professionalità elevata, riconosciuta “anche” qui, e a un lavoro qualificato, a tempo pieno, in un grande ente. Una strada, la sua, costellata da esperienze di valore, che ne hanno fatto un punto di riferimento non solo per la sua comunità. Ora lascerà Genova e se ne andrà in Francia dove lo aspetta un lavoro ancora più qualificato, ma il motivo che lo porta via non è professionale: “In Francia – dice – ci sono problemi e durezze, ma c’è anche un quadro chiaro di diritti che vengono garantiti. Qui no. Qui ormai ho paura”.


Accanto a lui un bambino in carrozzella e la moglie, che annuisce.
Il tarlo che lo porta ad abbandonare Genova e l’Italia non è solo il senso di insicurezza, ma il deserto da cui si sente circondato. Dice: “la situazione è terribile, sembra che sia tutto cancellato, che non ci siano mai state alle nostre spalle le lotte che abbiamo fatto”.
Il presente nella sua brutalità e miseria cancella esperienze, progetti, pensieri, relazioni, cultura, speranze. Lui se ne andrà fisicamente, altri immigrati che sono stati importanti per la cultura, la politica, la costruzione sociale della nostra città in mutazione, se ne sono andati spiritualmente.
Viviamo un oggi in cui, come diceva una canzone di De Gregori, non è più vero niente. Restano le carte che si stanno accumulando nell’archivio del Forum Antirazzista, ma le ben ordinate carte non bastano al progetto di vite ancora giovani. Così Genova perde per isolamento, nuova emigrazione, depressione gli immigrati che negli ultimi venti anni hanno contribuito a costruirne la storia.
Colpa solo della destra? Mi scorrono davanti le facce degli assessori di parte cattolica che negli anni passati hanno accettato quasi come fosse un martirio quella “delega alla immigrazione” che fu conquistata dal Forum Antirazzista nel 1995, sotto la Giunta Sansa, e le facce di chi si è ben guardato dall’accostarsi allo spinoso problema: mai che ci sia stato un politico di punta di appartenenza PDS / DS, uno dei nomi che contano, che ci abbia speso la faccia, la carriera. Tutti concordi nel confinare nel recinto social-assistenziale, o al più culturale di facciata, quello che era “il” problema politico del millennio avvenire. Tutti a calibrare le parole, tutti spaventati a morte all’idea di perdere voti e consenso, mentre il consenso andava a piene mani a chi esponeva la sua politica brutale, ma chiara.
Una cecità ed una pavidità politica da far battere la testa negli spigoli. Qui, come altrove, si intende.
(Paola Pierantoni)