Scuola – L’ultimo banco c’è ancora

Grafica, formato, i colori nero e verdino sul fondo bianco della copertina, sono gli stessi di tanti anni fa. Anche la casa editrice è la stessa. Così quando vi capita in mano “Ultimo banco” di Sandro Lagomarsini (“Ultimo banco. Per una scuola che non produca scarti”, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina 2009, € 10) avete la sensazione di un discorso cominciato altrove, in passato. E vi ricordate della “Lettera a una professoressa” pubblicato dalla stessa editrice nel 1967. Continuità non solo formale visto che nel testo di Sandro i richiami alla “Lettera” e al suo mitico autore, don Milani, sono espliciti.


Ma non fatevi ingannare: Barbiana e don Milani ne l’ “Ultimo banco” ci sono eccome ma il libro di Sandro Lagomarsini parla di oggi, di noi, della nostra scuola, del nostro modo di fare, vivere, pensare. Ed è questo il motivo che lo rende affascinante: perché non è così che in genere si scrive di scuola. Dalla scuola giungono alla società messaggi contrastanti: serve, non serve, si impara, non si impara, dovrebbe, non dovrebbe…
Durante tre anni Sandro Lagomarsini, prete itinerante dell’alta val di Vara (Varese Ligure), ha tenuto su Avvenire una sua rubrica – un caso, un problema, una proposta – dove spiegava come era possibile fare i conti con la scuola. Conti non facili perché la scuola vuole essere osservata a modo suo per essere luogo di incontro di processi che hanno tempi diversi. I nostri tempi con le loro mode e i messaggi che quotidianamente piovono sui ragazzi dai media, gli interventi legislativi, che spesso contengono messaggi contrastanti, e hanno tempi di applicazione loro propria; gli insegnanti anche loro con tempi propri fatti di età, attese, disposizione, e ancora le famiglie: altre storie, altri tempi, altre attese. E che dire delle richieste che la società rivolge alla scuola ogni volta che si trova di fronte a manifestazioni giovanili inquietanti?
La scuola è un grumo, anzi il grumo della nostra società “avanzata”. Da un lato attorno ad essa crescono in modo elefantiaco le parole, la massa cartacea e la discussione politica, dall’altro ci sono cadute di motivazione, abbandoni e fallimenti: problemi che rinviano da uno all’altro. Sandro Lagomarsini propone la sua ricetta, un mix di sorriso evangelico, buon senso e, discreto, un certo contenuto di zolfo. Che sta appunto nell’ultimo banco, quello un tempo detto “degli asini” e che oggi continua ad esistere anche se non si chiama più così. Sandro scrive che per intervenire sulla scuola è dall’ultimo banco che bisogna partire; non è una semplificazione demagogica. Nella nostra società avanzata il processo di esclusione è sempre più diffuso. Spesso è irriconoscibile ma c’è. “Genitori, insegnanti e tutti coloro che riconoscono nella scuola un momento centrale di democrazia” trovano ne l’ “Ultimo banco” una straordinaria occasione per pensarci su. Chissà se farà strada il libr o di Sandro Lagomarsini. A suo tempo la “Lettera” di don Milani incontrò il ’68 che ne fece un grimaldello, un sogno. Lo usò a modo suo – si capisce – ma contribuì a trasformarlo in un manifesto. Oggi i tempi non sono più quelli ma la forza in “Ultimo banco” c’è tutta.
(Manlio Calegari)