Migranti – Donne visibili solo se vittime o serve
“Molte di noi, donne migranti, hanno un percorso autonomo di immigrazione, emigriamo per realizzare un progetto professionale, ma qui incontriamo una collocazione lavorativa che è un destino: il lavoro domestico.
La nostra condizione dipende da quella delle donne native: siamo sostitutive di un welfare che non c’è, e abbiamo permesso alle donne native di prendersi uno spazio di liberazione che non si sono conquistate in altro modo, ad esempio ripartendo il carico familiare col maschio.
Il dialogo non è facile: in Italia ci sono esperienze importanti di associazionismo femminile immigrato, favorite dalle donne native, che sono però anche specchio di fragilità e contraddizioni: la generazione delle donne dichiarate femministe oggi ha sessanta anni, le immigrate sono più giovani. Così per noi la condizione per poter prendere in mano il microfono, per parlare, è solo quella di essere “vittime” e fare spettacolo antropologico: le “velate”, le “infibulate”, perché questo aiuta a sottolineare la natura criminale e violenta degli immigrati.
L’altra condizione è essere “serve”. C’è sempre questa specificazione sul lavoro domestico: la sanatoria per le “badanti”, l’eccezione che si può fare per le “badanti”…
Ma se il discorso si sposta sui diritti eguali, l’audio si spenge.
In Italia la situazione è più primitiva che altrove: fino a qualche tempo fa l’Europa ha fatto da argine alle derive più chiaramente razziste. L’Europa ci dava qualche spazio, ma noi non lo abbiamo utilizzato nemmeno quando avevamo un governo di centro sinistra: le direttive europee stabiliscono condizioni “minime”, non vietano agli Stati membri di adottare condizioni più avanzate. Ma noi ci siamo mantenuti sempre al minimo del minimo. E poi c’è sempre, anche nel centro sinistra (ancora oggi nell’articolo di Amato e D’Alema sul Corriere della Sera) questa distinzione ipocrita, per cui si dice: per carità, gli immigrati onesti che vengono per lavorare… porte aperte! Invece i clandestini… Come se nella parola “clandestino” ci fosse un’indole malvagia che la qualifica. Come se fosse davvero possibile entrare in Italia in modo regolare.
Quasi tutti siamo stati clandestini!
Ed ora eccoci al punto che in Europa il governo italiano sta facendo da capofila alle tendenze di chiusura e respingimento.”
Appunti – a cura di Paola Pierantoni- dell’intervento di Mercedes Friar al convegno ARCI sulla politica europea in materia di immigrazione ed asilo (Genova23 maggio). Mercedes Friar, italiana, originaria di Santo Domingo, è stata assessore al Comune di Empoli fino al 2006, parlamentare per R.C. fino all’aprile 2008.
(Paola Pierantoni)