Circo Massimo – Il tempo sprecato della politica

Roma, quattro aprile, Circo Massimo: “Futuro sì, indietro no” recita lo slogan posto a caratteri cubitali a sfondo del palco. Palloncini, pettorine, e banchetti. Chi vende magliette, chi panini e poi file di gabinetti sebach dove la gente fa la coda, esattamente come nel 2002. Lo slogan di allora “Io si, tu no” chiamava a raccolta chi si opponeva contro la libertà di licenziare. Adesso – che è il lavoro stesso a mancare – al Circo Massimo si chiedono ammortizzatori sociali, tavoli contro la crisi, tutela per i precari.


Riscalda il sole, ma il calore umano non è lo stesso di allora. Nemmeno il fiume di gente è lontanamente simile a quello del 2002. Qualcosa non torna. Prima di tutto questi sette anni, trascorsi a vuoto. Perché destino e politica si sono organizzati a presentare il peggio. Ma non torna nemmeno il conto delle occasioni nelle quali ci si sarebbe potuti unire con le stesse parole – precari, immigrazioni, tutele, diritti – per le quali, oggi, al Circo Massimo sono venuti in molti.
Fedele ad un programma che non vuole improvvisazioni, la scaletta propone gli interventi di un extracomunitario, di una pensionata, di una giovane studentessa, di un medico siciliano che, simbolicamente, portano in piazza i pezzi più emblematici di un paese allo sfascio e ne denunciano storture e umiliazioni.
Ma chi è al Circo Massimo sa.
Non consola la presenza di Franceschini – una bandiera del Pd e, più in là, una dell’Ulivo si aggirano solitarie in mezzo a migliaia di bandiere rosso cgil – e nemmeno l’improvvisata di Veltroni, Cofferati e Bertinotti. Perché il tempo passato, oggi al Circo Massimo, assume i contorni del tempo sprecato.
L’attore Pierfrancesco Favino – Di Vittorio nello sceneggiato TV – legge dal palco la lettera del figlio di un operaio morto all’Ilva 18 anni fa, il padre cattolico praticante diceva al ragazzo “all’Ilva non c’è neanche il padre eterno a difenderti».
Ma è l’Ilva del passato quella che viene messa in scena. Nemmeno una parola sull’oggi e su quanto lo stabilimento e gli stabilimenti Riva avrebbero da raccontare.
Epifani esorta il governo: “non va bene aspettare perché tanto passerà la nottata!”.
E’ la base, anche questa volta, ad offrire il volto migliore. Campanacci, magliette – “Cgil Firenze, noi non stiamo con le mani in mano” – maschere, anziani iscritti allo Spi. E Gina Orsina che, all’inizio, dal palco, fa annunciare che “ha perso il suo gruppo”. Con il suo desiderio di ritrovarlo ribadito a fine manifestazione, con un altro annuncio. Testarda. Esattamente come quelli che, nonostante tutto, sono ancora qui.
(Giovanna Profumo)