Carceri/2 – Misure alternative lontane dall’Europa
Costruire nuove carceri è veramente la risposta all’emergenza denunciata dal ministro? Su il Manifesto del 16 marzo viene citato uno studio dell’Osservatorio delle misure alternative istituito presso il Ministero della giustizia che dice che “A sette anni dalla archiviazione della misura alternativa alla detenzione, l’81% dei beneficiari non risulta recidivo, mentre nello stesso periodo è rientrato in carcere il 68,45% dei condannati che vi avevano finito di scontare la pena senza poter accedere a misure alternative alla detenzione”.
Si va contro corrente, di questi tempi, se si afferma che le misure alternative in Italia non sono “la norma” e che rispetto al resto dell’Europa risultano sotto-utilizzate. Ma i dati mostrano che ottengono migliori risultati della reclusione. Come sottolinea ancora Patrizio Gonnella, “è necessario prendere coscienza che non si possono chiudere in carcere tutti quelli che creano fastidio sociale: tossicodipendenti, prostitute, immigrati clandestini. Servono misure alternative, fin dalla decisione del giudice. Solo così si lascerà lo spazio adeguato alla reclusione di chi è realmente socialmente pericoloso”.
Al contrario, il sovraffollamento sta inasprendo sempre più le condizioni di vita all’interno delle carceri: otto suicidi dall’inizio dell’anno, aumento degli atti di autolesionismo, difficoltà nella gestione quotidiana dei colloqui e delle attività.
Un piccolo spaccato della situazione e delle difficoltà in Liguria ce lo offre un articolo sul blog ‘Il ponente’ (http://www.ilponente.com/index.php?p=3149) con un’intervista a Giorgio Barisone, responsabile delle carceri per la Liguria del Prc, che nel Sant’Agostino di Savona ci passò tre giorni. La situazione era già critica nel 2003, ma ormai pare che sia stata fatta della criticità l’ordine del giorno. Carcere umido e per metà semi interrato, stanze per tre quattro persone dove ce ne stazionano nove.
Eppure la situazione, secondo l’opinione di Barisone, è leggermente migliorata, grazie anche alle ridotte dimensioni del carcere che consentono un rapporto più umano con gli agenti, ai lavori sui condotti idrici, ad impianti di areazione. Ma rendere adatto alle esigenze attuali un carcere costruito in un vecchio convento non è cosa facile, e infatti anche la cittadina ligure sta valutando zone adatte alla costruzione di un nuovo carcere, più moderno e quindi più umano.
Consapevoli che costruire un nuovo istituto di reclusione, come ribadisce Barisone, potrebbe avere un senso solo “se il carcere avesse funzioni di recupero sociale e se in carcere si andasse solo come ultima alternativa ad ogni altra possibile pena risarcitoria”.
(Maria Cecilia Averame)