Annozero – Architetti in libertà

Nell’ultima trasmissione di “Annozero” dedicata alla legge sulla casa, c’è stata la solita fiera delle illusioni con l’on Lupi a fare la parte del leone nella spudorata difesa degli obbrobri futuri della Sardegna e nella difesa della politica per la casa prospettata da Berlusconi (e subito dopo smentita). Una noia da sprofondare o da cambiare subito canale. Ma tant’é… Per contro al giornalista della Stampa Ferruccio Sansa, autore di importanti libri sui padroni del cemento a Milano e in Liguria, il conduttore ha dato e tolto la parola in un ritaglio di minuti, interrompendolo più volte e senza consentirgli di esprimere compiutamente il suo pensiero. Modo singolare di condurre un dibattito televisivo.


Meglio Niki Vendola, che ha svolto il suo pensiero con la lucidità e l’intelligenza che gli sono riconosciute, anche lui, però, interrotto con frequenza da quel Lupi che non si capisce perché i conduttori continuino a invitare ai loro dibattiti, v ista la capacità di guardarglieli con un profluvio inarrestabile di parole, fotocopia di quelle di Berlusconi, già dette e ascoltate cento volte. Ma il clou della serata è stata l’onorevole Santanchè che ha redarguito due giovani di Torino, i quali, in appendice al discorso sulla casa lamentavano come nella loro città un importante istituto bancario stesse progettando la costruzione di un grattacielo nel centro storico, distruggendo una linea di paesaggio urbano consolidato da secoli. La signora ha risposto auspicando che ne venissero altre di costruzioni proiettate verso l’alto, che non guastano così il tessuto urbano della città. E poi quel progetto era di Renzo Piano, genio dell’architettura per definizione, nelle cui mani, via, qualunque progetto edificatorio, non poteva che avere un impatto positivo sull’area urbana della città. I due giovani obiettavano che la struttura urbanistica di Torino, edificata nel Settecento nel mirabile modo universalmente riconosciuto, non avrebbe sopportato un innesto architettonico di quel genere, che già la Mole Antonelliana bastava come logo della città, che un grattacielo in quel tessuto urbano sarebbe stato un’offesa alla vista e al paesaggio storico di Torino. Niente da fare. Argomentazioni a raffica della signora, interruzioni del conduttore, disagio di Marco Travaglio e di Ferruccio Sansa. Avessi potuto interloquire avrei ricordato ai protagonisti della serata che anche un genio dell’architettura come Renzo Piano non può essere lasciato libero dalle amministrazioni di progettare a suo insindacabile giudizio, che ci deve essere un piano urbanistico al quale adeguarsi, che per Torino, come è stato per San Pietroburgo costruita dagli stessi architetti impiegati nella città sabauda, non poteva essere prevedibile lo sviluppo in altezza, in grave contrasto con le linee di sviluppo orizzontali della città. A Genova Renzo Piano, progettista delle Colombiane, ha lasciato opere straordinarie, come la risistemazione del porto A ntico, ma se fossi stato amministratore della città non so se gli avrei consentito di regalare a Genova, col pronto cassa dei Messina, una Bolla (già sgradevole nel nome), la quale collocata accanto all’Acquario sullo sfondo del porto deturpa il logo storico di Genova: la Lanterna. Non era proprio il caso.
(Giovanni Meriana)