Genovesi all’estero – Un avamposto sul baratro
La verde Irlanda, per quello che vedo nei fugaci spostamenti dalla mia stanzetta al college, e’ attonita e triste. Si stanno risvegliando incubi antichi che si credevano sopiti, le violenze nel nord, gli alcolizzati appallottolati sotto i ponti, il matrimonio cupo della violenza e della povertà sotto la pioggia. La cosiddetta “Tigre Celtica” (belva piuttosto cartacea) era, di fatto basata su tre fattori: boom immobiliare, boom finanziario e bassa tassazione. I primi due punti sono divenuti, nel volgere di pochi mesi, due spaventose pietre al collo. Il mercato immobiliare ha avuto un crollo tale da rendere ridicole le cifre usuali di una economia. Il sistema finanziario e bancario e’ precipitato così in fretta da obbligare lo stato a garantire i conti bancari per evitare una “run” catastrofica. Nelle strade sono comparsi i senzatetto ed ogni mattina ci sono file di disoccupati sotto la pioggia che attendono un lavoretto a consegnare giornali.
La bassa tassazione non attira più gli investitori stranieri, la Dell e la Intel licenziano, la fabbrica di cristalli di Waterford, 200 anni di tradizione, e’ fallita. I lavoratori hanno resistito ancora una mattina con i cartelli sotto una pioggia soave ed implacabile e poi se ne sono andati a casa con il vuoto nel cuore e nel portafogli. Gli Irlandesi si guardano attorno stupiti, popolo comunque ordinato e civile, regge bene ma l’urto e’ devastante. La “Real Ira”, fiutato il vento, ne ha approfittato subito; povertà e disperazione sono ottimi reclutatori per le loro fila. Basta una bomba seria a Dublino o Belfast e tutto precipita. Per adesso si sono limitati ad azioni in zone periferiche; la sera, davanti ad una consolante pinta, ci si augura tutti che rimanga così. L’Irlanda e’ un palco molto avanzato per vedere il baratro terrificante su cui tutti danziamo ormai molto stancamente. Se saremo molto, molto, molto fortunati ci sarà una severa recessione che durerà anni; e’ difficile capire cosa potrebbe accadere se, invece, dovessimo essere sfortunati. Quando Irlandesi, Americani e tutti gli altri si illudevano della follia della crescita senza fine dei numeri ebbri, i numeri veri – quelli che descrivono la realtà e non i sogni, quelli fatti di pietra indifferente e non di speranze – si sono nascosti quieti in qualche angolo scuro e ci hanno atteso con pazienza.
Dimenticati da tutti (Economist e stampa specialistica in primis) hanno consumato anni masticando il loro spietato, grigio veleno. Non hanno dovuto attendere a lungo prima che ci inciampassimo di nuovo sopra. Io sono immensamente felice di avere un lavoro, di avere una casa, di avere una donna che mi vuole bene. Tornando a casa in bici, mi guardo attorno cercando di sincerarmi che quei demoni laceri si accontentino di sbranare gli “altri” e non mi vengano a cercare, cerco di rimanere uno spettatore attento di questa “caduta degli dei” e non un attore, con tutte le mie forze, il più a lungo possibile.
Oggi (assieme ad altre migliaia di persone) mi hanno ridotto lo stipendio ed e’ salita una nebbia inconsueta, fitta; pedalo con disciplina ma non e’ molto chiaro dove stia andando.
(Gabriele Pierantoni)