8 marzo – Il corpo delle donne
Quest’anno l’8 marzo è trascorso all’insegna degli stupri. Non donne che riempiono pagine ed affollano piazze per suggerire una trasformazione del mondo, ma pagine riempite da notizie di cronaca, statistiche, dichiarazioni, con le donne in difensiva contro una violenza materiale, ideologica e politica che le accerchia e le inchioda ad una condizione che si vorrebbe immutabile: una violenza che, indipendentemente dalle forme in cui si esprime, si basa sul considerare il corpo della donna un mero oggetto.
Includo in questa violenza la frase di Berlusconi che di Eluana disse “… potrebbe anche avere un figlio”.
Includo in questa violenza la scomunica pronunciata dall’arcivescovo di Olinda e Recife, don Jose’ Cardoso Sobrinho, contro i medici e la madre che avevano permesso l’aborto di una bambina di 9 anni che aspettava due gemelli a seguito delle violenze subite dal patrigno da quando, di anni, ne aveva sei.
Adriano Sofri in un bellissimo articolo su “La Domenica” di Repubblica dell’8 marzo dice “c’è una tale guerra di uomini, civili e barbari, che bastonano, e sfregiano e ammazzano donne per amore…”. Siamo sempre lì, alla guerra di uomini e tra uomini, con le donne in mezzo, merce di scambio, relazione, confronto. Ultima produzione nostrana, le ronde a proposito delle quali ancora Sofri dice “gli uomini (bianchi) si armano per castigare la foia profanatrice degli uomini (di colore). Il linciaggio serviva a quello. Anche le ronde: regolate, per carità, solo pensionati apolitici delle forze dell’ordine. Non scandalizzatevi: tra il linciaggio e le ronde c’è un legame tanto più sottile quanto più rivelatore”.
Per tutto quanto precede ritengo che il concerto per l’8 marzo offerto gratuitamente al pubblico dalla Fondazione Carlo Felice abbia di fatto assunto il significato di un atto politico: in un ruolo consacrato come l’emblema del potere direttivo maschile, corredato da una infinita iconografia di gesti imperativi e virili, sul podio questa volta c’era un corpo di donna. Non è solo il fatto anagrafico a contare, cioè che a dirigere ci fosse una giovane donna, Inma Shara (http://en.wikipedia.org/wiki/Inma_Shara), ma il fatto che era del tutto femminile ciò che quel corpo faceva, il fatto che non ci fosse nella direttrice nessun adeguamento alla modalità gestuale consolidata dai secoli trascorsi.
Il suo era un corpo danzante, diverso. Con l’orchestra che rispondeva alla perfezione.
(Paola Pierantoni)