Infortuni – Se i rumeni diventano una notizia di nicchia

È un fatto: se si scorre la stampa locale di questi ultimi mesi la parola romeno o rumeno ricorre molte volte nei titoli e nei testi degli articoli, associata a: razzismo, stupri, mendicanti, baraccopoli, criminali, clonazione di bancomat, xenofobia… con la debita eccezione di “elezioni europee” (i rumeni infatti potranno votare come noi: sono europei).
Ma per sentire parlare di rumeni, lavoro e infortuni bisogna andarsi a leggere “Metropoli” del 7 dicembre 2008, il supplemento domenicale di Repubblica dedicato alla immigrazione. Una notizia di nicchia, evidentemente, affidata ad un foglio che è difficile vedere esposto nelle edicole.


L’articolo di Metropoli citava il rapporto pubblicato sulla rivista Dati Inail dell’ottobre 2008 (www.inail.it sezione statistiche): una analisi, ignorata dal resto della stampa, dei dati – ancora provvisori – relativi all’andamento 2006 / 2007 degli infortuni per italiani e stranieri. Nel sottotitolo della pubblicazione Inail si poteva leggere in bella evidenza: “Rumeni, primi per residenti, occupati e infortunati”.
Così, a quanto pare, i rumeni lavorano, e tendenzialmente in regola: sono 600.000 – dice l’Inail – quelli che risultano assicurati, e quindi versanti contributi e tasse. Ma insieme ad albanesi e marocchini sono anche quelli che si fanno più male sul lavoro: 41 infortuni mortali nel 2007 per i rumeni, 23 per i marocchini, 18 per gli albanesi.
Secondo i dati dell’Inail infatti dal 2006 al 2007 gli infortuni, inclusi i mortali, complessivamente diminuiscono, ma poi bisogna distinguere. Prendiamo i mortali, quelli meno facili o impossibili da negare o nascondere: diminuiscono per gli italiani (da 1174 a 996: -15,1%), aumentano per gli stranieri (da 167 a 174: +4,2%), che nel 2007 totalizzano il 14,9 % degli infortuni mortali.
Delle nazionalità più esposte abbiamo già detto: istruttivo riflettere che, al giro, le nazionalità marocchina prima, e poi albanese, e a seguire rumena sono state anche quelle più “criminalizzate” in Italia.
I sindacalisti intervistati da “Metropoli” (Walter Schiavoni segretario generale Fillea – Cgil e Bentivogli, segretario nazionale Fim – Cisl) indicano le ovvie cause della differenza: gli immigrati sono più esposti, hanno meno forza contrattuale, sono più ricattabili, c’è un problema di comunicazione, di lingua, di competenze, di orari di lavoro che superano “la decenza”.
Il rapporto dell’Inail offre anche altri dati, quelli della normalità e della integrazione: “il 9% dei rumeni che vivono in Italia possiede una casa, il 90% ha un reddito mensile di 1030 euro… il 78% è diplomato o laureato”, e cita due iniziative, la campagna “Romania, piacere di conoscerti” promossa dal governo di Bucarest e dalla ambasciata di Romania in Italia, e il dossier di Caritas Migrantes, che “intendono raccontare i molti aspetti positivi, spesso sconosciuti, del popolo rumeno”.
Sconosciuti per forza. Non vi pare?
(Paola Pierantoni)