PD – Se i proprietari si facessero vivi
La domanda si presenta inaspettata, dopo una giornata qualsiasi che non ha niente a che vedere con quelle passate di Veltroni o Franceschini. E se vogliamo di D’Alema o Bersani. Si tratta di un quesito birichino e inadeguato che gli umani – vedi elettori – normalmente non si pongono perché cosa gli appartiene, infine, di questa società?
Il gioco delle parti suggerisce ruoli precisi nei quali si è partito solo in piazza o in campagna elettorale. Come si trattasse di una chiamata alle armi, nella quale chi può sceglie il proprio esercito, sentendosi – anche in minima parte – fattore determinate. Poi, a fine giochi, tutti a casa.
Sistematicamente è accaduto, negli ultimi anni, che quel tutti a casa ha generato nelle anime del centro sinistra uno stato di resa profondo. Senso di sconfitta davanti all’ineluttabile. Per trasformarsi poi in giudizio implacabile di una classe dirigente incapace di riconosce e battersi per questioni elementari, soggiogata dal confronto con una destra scaltra a trovare il peggio degli italiani, mutandolo in valore.
Di chi è il Pd? E’ la domanda che potrebbero porsi tutti coloro che oggi non hanno rappresentanza e che vedono spegnersi quel che resta del meglio dell’Italia. Insieme ai tristi dalla politica e a coloro che con alla sconfitta di Soru hanno visto la sconfitta di un loro ideale.
Immaginare questo esercito di delusi è facile anche per i più pragmatici. La capacità di rivolgersi anche a loro e di accogliere quelle voci spente è l’obbiettivo che si dovrebbe porre chi nel Pd occupa posti di rilievo a livello locale e nazionale. Come se le due parti, infine, trovassero un luogo dove incontrarsi. Come se il Pd – lungi dal diventare inferno per le differenti anime del centro sinistra – diventasse campo base per una partenza.
Circola voce – purtroppo – che non ci sia nulla da fare. Che il partito sia morto. O che sia abitato da molta gente cattiva, intenta solo a far i propri interessi, lontana da quell’attenzione per la collettività che dovrebbe animare chi della politica fa la propria mission quotidiana. Pare che questa sia infine la ragione per cui molti, dal partito, stanno alla larga.
E’ certo che anche i più volenterosi si siano sentiti affranti dal mondo in cui i temi più scottanti sono stati affrontanti o dimenticati dal Pd. Costernati al punto che il partito non è più cosa loro, ma fa parte delle fatalità che chiunque incontra sul suo cammino.
Di chi è il Pd? Non è un programma. E nemmeno manifesto. E’ solo un faticoso spunto di riflessione dal quale, almeno, si potrebbe osare.
(Giovanna Profumo)