Sindacato – Le parole della crisi

“A mio avviso il movimento sindacale non è responsabile dei problemi dell’economia, ma semmai serve a risolverli. E non è possibile rafforzare la classe lavoratrice senza forti associazioni sindacali” (Barak Obama 30 gennaio 2009)
A Genova, il giorno precedente all’affermazione del presidente americano, le categorie di Cgil Fiom e Funzione Pubblica si incontrano per rispondere a quello che, con la firma del 23 gennaio, considerano un attacco di governo, Confindustria, Cisl e Uil.
Alla Scuola Edile di Borzoli più di duecento delegati della Liguria tentano di rispondere ad un immaginario che relega la Cgil “ottusamente in difesa di preistoriche difese sindacali”, e valutano nuove modalità di opporsi per spiegare ai lavoratori cosa è inaccettabile nella firma dell’accordo.


Molte le parole dette: crisi, industria ferma, accordo separato, governo, precari, referendum, legge sulla rappresentanza sindacale che, scritte alla rinfusa su un foglio bianco, compongono il tracciato di un contesto minaccioso. Alla scuola edile – fatto dolorosamente il punto su responsabilità anche proprie – si guarda avanti. Con la necessità di recuperare il più possibile il rapporto con iscritti . Si rileva che a fronte di governi che attuano programmi straordinari per arginare il crollo produttivo attraverso l’intervento pubblico, quello italiano risponde con “contrazione del salario e riduzione dei diritti”. Sulle labbra di chi interviene prende corpo l’entità della crisi: incidenza della cassa integrazione nell’industria metalmeccanica pari al 1000% in più rispetto all’anno precedente. Ferma la siderurgia, ferma l’auto, ferma la nautica da diporto, fermo il settore degli yacht e mega yacht. Congelato a breve l’indotto che, con aziende sotto i 15 dipendenti, non po trà ricorrere alla cassa integrazione. Su questa voce Grondona, Fiom, denuncia come falsa “la convinzione che la Cigo sia data dallo stato e dalla fiscalità. Non è così: ogni azienda e ogni lavoratore versa il 2,3% tutti i mesi al fondo Cigo” precisando che “i dati Inps 2004-2006, fra quanto erogato e ricevuto, rilevano un attivo di tredici miliardi di cui bisogna chiedere conto al governo”. Davanti ad un accordo che chiede per contratto meno dell’inflazione e che non tiene conto degli aumenti dell’energia, il segretario della Fiom domanda alla platea dove Veltroni trovi il riformismo. Ed aggiunge “se la Cgil tiene duro, quell’accordo è carta straccia” e ricorda “assaltare il fortino da soli è difficile, ma avvelenare i pozzi a quel fortino non è difficile”.
Lo sciopero unitario di Fiom e Funzione Pubblica fissato a Roma per il 13 febbraio sarà la prima forte risposta, in attesa di quella più grande nella quale sarà in piazza la Cgil con tutte le sue categorie.
I delegati portano ai presenti dell’attivo storie diverse nelle quali a pagare sono le cooperative sociali, “si tende a parlarle del terzo settore come una delle possibili soluzioni alla crisi dei lavoratori, ma come possiamo dare delle risposte quando siamo i primi a pagare?”, taglio dell’Ici e riduzione sul welfare le voci di costo. Renzo Miroglio, segretario Cgil Liguria, racconta dei precari licenziati, costretti a tornare alla famiglia d’origine e di un governo che non risponde.
Il lavoro, visto da qui, si trasforma in una Caporetto. Raggiungere gli iscritti uno ad uno con assemblee unitarie è la parola d’ordine.
Lettura consigliata: Emilio Lussu, “Un anno sull’altipiano”.
(Giovanna Profumo)