Giardini in città – A Nervi Roseto in appalto

Su Repubblica di mercoledì 21 gennaio – pagina locale “Società” – campeggia il quesito “è giusto pagare un biglietto di ingresso al Roseto di Nervi?”. Per rispondere alla domanda si sono riuniti il lunedì precedente nella sede del Municipio del Levante l’assessore al verde, il “tecnico numero uno” del Comune e uno stuolo di esperti oltre, si capisce, cittadini e rappresentanti locali. Tutti per discutere il progetto per il “recupero” del Roseto, “commissionato dalla precedente amministrazione ed ereditato da questa”, opera di un gruppo autorevolissimo di architetti del paesaggio; tecnologie raffinate, destinazioni da fiaba, investimenti all’altezza: 4 (quattro) milioni di euro in tre anni.


Un progetto che non convince i presenti: perché dividere il Roseto dal parco di Nervi con cui fa tutt’uno? Perché spendere tanti quattrini per consegnare ai privati una struttura senza alcuna garanzia e con l’obbligo di dover pagare un pedaggio per poterla utilizzare – dopo aver pagato il restauro con i soldi dei cittadini? Perché non progettare invece una “onesta manutenzione e una attenta sorveglianza, cose semplici e poco costose, e assicurare alla città una risorsa che le appartiene?
Il seguito, come in altri simili casi, sarà una commissione Comune-Municipio con il compito di approfondire il problema. Ma c’è in questo modo di procedere un aspetto inquietante emerso anche a proposito del Park dell’Acquasola. Cosa significa presentarsi ad una assemblea pubblica con un progetto di tale portata dichiarando di averlo ereditato dall’amministrazione precedente? L’attuale giunta condivide o no il progetto? E che significa che l’assessore competente dichiari in riunione che non c’è nulla di deciso e che lo scopo dell’amministrazione è quello di costituire una commissione che esamini le diverse opzioni e poi scelga la migliore possibile? In tal caso qual’era la necessità di far iniziare la discussione da un progetto già confezionato a difesa del quale il Comune ha schierato il suo “primo tecnico” e i suoi “esperti”?
Anche accettando le dichiarazioni di buona fede degli amministratori, bisogna convenire che siamo di fronte a un modo di procedere autoritario, comunque lontano dalle esigenze dei tempi che richiederebbero un ripensamento dell’uso delle risorse pubbliche (che comprendono il cervello dei cittadini), per difenderle ed utilizzarle al meglio. E’ possibile fare qualcosa di sinistra, o di centro sinistra o almeno decentemente bipartisan per i giardini genovesi?
Legambiente ha scritto in proposito cose su cui sarebbe opportuno riflettere (vedi http://www.fainotizia.it/2009/01/19/genova-e-i-suoi-parchi-storici). Forse è venuto il momento di consegnare le indagini sullo stato di salute di parchi e giardini ai cittadini e alle commissioni locali che da anni ne conoscono vita, morte e miracoli; di piantarla di pagare consulenze onerosissime per poi venire a dire che, visto che ormai ci sono, non se ne può prescindere; di smettere di praticare l’abbandono scientifico dei parchi per poi constatare che sono preda del “degrado” e che per essere rimessi a posto devono essere messi a soqquadro da posteggi e affittati ad equivoci sponsor o, diversamente, dichiarati inagibili perché pericolanti.
(Manlio Calegari)