Femminismo – Distinguere il potere dalla politica

Un articolo di Ida Dominijanni sul Manifesto del 2 dicembre parla della riflessione aperta dalla filosofa femminista Luisa Muraro sul “miraggio del potere nel deserto della politica”.
Il paradosso da cui prende avvio il discorso è quello “di una libertà femminile che cresce (meno subordinazione all’uomo e al destino biologico, più lavoro, più partecipazione alla vita pubblica, più istruzione, più autonomia) dentro una crisi di civiltà che mette a rischio la tenuta della democrazia, la coesistenza pacifica dei popoli e delle razze, la forza contrattuale della forza lavoro, la qualità stessa dei rapporti umani”.


Un paradosso, aggiunge Dominijanni, che per le donne che vengono dalla generazione del femminismo degli anni ’70 si riflette “in un sentimento di lacerante ambivalenza nei confronti del presente” che nasce non solo dalla inevitabile coesistenza di aspetti contrastanti in un’epoca di passaggio come la nostra, ma anche dal fatto che la prospettiva femminista non è riuscita a contaminare la politica della sinistra che “continua a pensare che quel che le donne dicono e fanno riguardi una parte recintabile del reale, invece di capire che mette in discussione la visione del reale nel suo insieme”.
Responsabili da un lato la sordità maschile, dall’altro i limiti della stessa pratica femminista, in particolare nel suo rapporto con la questione del potere.
Appunto l’analisi dei rapporti tra la politica e il potere è stata oggetto del seminario “Potere e politica non sono la stessa cosa” organizzato dalla Comunità filosofica femminile Diotima (http://www.diotimafilosofe.it/ ) tra il 10 ottobre e il 28 novembre presso l’Università di Verona.
Uno dei nodi più importanti da sciogliere, dicono le donne che hanno organizzato il convegno, è quello della confusione tra politica e potere. “C’è infatti una tendenza, una specie di costrizione oggi a pensare che il piano del potere e quello della politica coincidano… Tutto quello che rimane a margine, e che è altro e diverso, viene cancellato. Così risultano marginali le diverse forme di politica che sono state sperimentate e che hanno una storia, percorsi, intrecci vitali. E non si intende qui solo la politica delle donne, ma anche altre forme di politica relazionale”.
Tuttavia, aggiungono, “sbrogliare l’intreccio tra politica e potere non è per niente facile”. La differenza “tra una politica che si appiattisce sul potere, e una che invece si sottrae alla sua presa e inventa libertà” può essere chiara, ma come trarne un sapere che ci permetta di agire con efficacia trovando la “giusta distanza”, in modo da non identificarci col potere, ma nemmeno illuderci di starne fuori?
(Paola Pierantoni)