Genova – Dentro le crisi ad occhi chiusi

Nell’ambito della Mostra “Ragazze di fabbrica – voci e volti di donne del Ponente dal dopoguerra ad oggi”, al Centro Civico di Cornigliano, si è parlato di società, crisi e mutamenti. L’occasione, la tavola rotonda organizzata il 29 ottobre, che ha avuto come relatori i sociologi Paolo Arvati e Giuliano Carlini, Elsa Weldeghiorgis, Rosalie Seck e Michela Tassistro. Il titolo, “La crisi della città industriale: lavoro, società e migrazioni”. Gli interventi hanno toccato il passato produttivo della città, il suo presente, le inquietudini rispetto alle prospettive future, con il leit motiv ricorrente di una città cieca nel riconoscere, una generazione dopo l’altra, il proprio presente.


Il sociologo Paolo Arvati data il declino industriale della città a partire dagli anni Cinquanta, quando già la diversa velocità di sviluppo rispetto alle altre città del Nord evidenziava un equilibrio involutivo. La crisi si aggravò negli anni Sessanta e Settanta, senza che il dato entrasse nella consapevolezza comune, a causa del perdurare di quella che il sociologo definisce un’illusione ottica: la certezza che la città industriale e la sua classe operaia dal cuore rosso sarebbero state eterne. Negli anni Ottanta – Novanta, la crisi divenne manifesta e la percentuali degli operai crollò a vantaggio degli impiegati e dei lavoratori autonomi. Per quanto concerne l’ultimo decennio, Arvati identifica quattro punti fondamentali: la molecolarizzazione delle attività produttive con l’espansione della microimpresa, l’aumento dell’occupazione, specialmente femminile, la presenza di nuove centralità per l’economia locale (porto, high tech, turismo), le presenze straniere, che ha nno migliorato il saldo migratorio e naturale, proponendo nuove opportunità e criticità.
Carlini, riprendendo l’argomento della mancanza di consapevolezza, menziona una ricerca dei primi anni Ottanta sul grande quartiere operaio di Cornigliano, che evidenziò come in realtà la cultura operaia non esistesse più, e, tornando all’attualità, fa cenno all’immigrazione percepita come fattore marginale e mai come elemento strutturale della società.
Elsa Weldeghiorgis e Rosalie Seck ripercorrono la storia dell’immigrazione a Genova, partendo dalla propria esperienza personale. L’elemento preoccupante che emerge dai loro interventi è, nell’immediato, la questione dei permessi di soggiorno, che come in passato si riduce ad un commercio, per il futuro, quello che sarà l’equilibrio per le seconde e terze generazioni e per le coppie miste che sono sempre più diffuse, alla luce dell’attuale politica in tema d’immigrazione.
Gli argomenti sono scottanti, affrontati in alcuni casi analiticamente, in altri con la passione data dalla profonda partecipazione al disagio sociale dei soggetti deboli; meriterebbero la costante attenzione delle istituzioni, della stampa, delle associazioni sindacali, della città. Peccato che la sala del Centro Civico a Villa Spinola fosse desolatamente vuota, segno della cecità che si propaga come tabe ereditaria, generazione dopo generazione.
(Eleana Marullo)