Curia – L’Arcivescovo a scuola dalla Gelmini
L’Arcivescovo di Genova nel suo intervento al meeting di CL a Rimini, ha detto che la “Chiesa deve tornare a fare politica” (cito a memoria), dichiarando più o meno negli stessi giorni che le Gerarchie guardavano con interesse al progetto del Federalismo. Che cosa intendeva esattamente il Presidente della Cei? Che la Chiesa ha il diritto di pronunciarsi sui valori sensibili ed etici quando ci sono in vista progetti di legge che vanno a configgere con essi e il dovere di vincolare i credenti alle direttive dei Vescovi? Salvo le frange più radicali della politica italiana nessuno che abbia un’idea chiara della laicità dello Stato mette in dubbio questa prerogativa. Ma Angelo Bagnasco voleva forse andare oltre e lo ha fatto entrando nel vivo di un problema, dimostrando di gradire l’idea del Federalismo.
Nessun scandalo neanche su questo fronte, ma un uomo di Chiesa, abituato a ragionare su valori assoluti, ha l’idea che la politica è invece l’arte del po ssibile e del compromesso, della mediazione, più spesso, purtroppo, dello sgambetto all’avversario, di arrivisti pronti a cambiare casacca allo scopo di far cassa di voti (anche a Genova ce ne sono stati – e vicini all’Episcopio-), dei veti incrociati, delle decisioni sofferte e quant’altro di complesso e di ambiguo la politica comporta? E che tutto ciò è meglio sia compito specifico dei laici, se mai affidabile, dalle Gerarchie ecclesiastiche, per loro tranquillità, a quei ciellini che darebbero alla Chiesa le più ampie garanzie di una politica più confessionale che laica? Non sono più i tempi – e siamo in tanti a rimpiangerli – dei La Pira e dei Dossetti. E proprio circa il Federalismo si renderà conto un uomo di Chiesa della complessità del problema, del rischio che l’obiettivo di Bossi sia principalmente quello di mettere al sicuro i quattrini del Nord Est dalla possibilità di spenderli anche per le regioni più disagiate, che i poteri dati dal Federalismo agli amministratori lo cali servano anche a alimentare la xenofobia dei leghisti, la discriminazione razziale, l’antipatia e la paura per tutto ciò che è “diverso”’. Le dichiarazioni di un leghista DOC, intollerante, xenofobo e volgare come Borghezio, che proprio a Genova è venuto inutilmente a tuonare contro il progetto del Comune per dare ai musulmani, nel rispetto della Costituzione, un luogo dove pregare e a proclamarsi dall’interno della Commenda “difensore della cristianità” (cito a memoria), mi sembrano segni abbastanza preoccupanti. Vengono ora le esternazioni dell’Arcivescovo sul progetto di riforma della scuola del ministro Gelmini, con quell’elogio del maestro unico e del grembiulino di deamicisiana memoria, che cancellerebbero con un colpo di spugna il tempo pieno, con quali disagi per le famiglie e specialmente per le donne, è facile immaginare. Si può pensare che oggi un maestro possa, da solo, far fronte a scolaresche sempre più agguerrite dai media e dal martellare del consumismo televisiv o berlusconiano, alla presenza tra gli alunni dei figli degli immigrati, con lingua e problematiche diverse e a tutte le altre difficoltà poste dal tempo in cui viviamo, lontano anni luce da quello in cui l’Arcivescovo frequentava le elementari? Meglio, per le sue prerogative, che si tenga lontana la Curia dalla politica, altro che immergercisi fino al collo…
(Giovanni Meriana)