Infortuni nel tempo – Le scatole cinesi della responsabilità
21 giugno 2004. Adriano Bottazzoli, operaio della ditta Plasteco, cadde da dieci metri di altezza mentre lavorava “in assenza di mezzi di protezione individuale e collettivi” alla copertura della piscina di Genova Prà.
Come mai l’operaio lavorava “in assenza di mezzi di protezione individuale e collettivi”? “Per colpa sua”, aveva sostenuto uno degli avvocati della difesa: il lavoratore benché esperto e dotato di cintura di sicurezza, non la indossava “per comodità”.
Ma la sentenza (15 aprile 2008) obietta che in quella lavorazione “le cinture di sicurezza non erano concretamente utilizzabili, in quanto il Piano Operativo di Sicurezza non specificava in quale modo dovessero essere utilizzate, e non prevedeva dove ancorarle”. Quello che mancava, invece, erano “le strutture di protezione collettiva (ponteggi e reti) previste dal Piano di Sicurezza e Coordinamento”
Perché mancavano?
Scorrendo la sentenza si snocciolano le responsabilità:
Intanto l’appaltatore non le aveva realizzate, nonostante lo stanziamento di somme specifiche da parte del capitolato di appalto. Erano previsti “solo dispositivi di protezione individuali, per di più in maniera generica, non attuabile”.
I ponteggi predisposti durante i lavori di sopraelevazione di un tamburo di cemento armato erano costati parecchio (rappresentavano la voce maggiore nel computo metrico dei costi), ma non erano più in opera durante il lavoro di copertura. Dopodiché nessuna altra misura “per ridurre al minimo l’altezza di caduta dell’operaio dall’alto” era più stata predisposta. Un quadro, dice il giudice, che avvalora “Il sospetto insinuato dal pubblico ministero che l’impresa abbia poi cercato di risparmiare sulle misure di sicurezza”.
Il dirigente del comune responsabile del procedimento amministrativo per la realizzazione dell’opera, per parte sua, non ha preso alcuna iniziativa per l’applicazione delle misure di sicurezza “nemmeno a fronte della evidente mancanza delle strutture di protezione collettiva (ponteggi e reti), durante la fase di copertura”. La cosa gli competeva: inaccettabile l’argomento difensivo per cui il funzionario pubblico avrebbe avuto solo “un ruolo essenzialmente amministrativo”, limitato a verificare che esistesse il Coordinatore per la sicurezza “senza sostituirsi a lui”. Infatti, sottolinea la sentenza: “la duplicazione della posizione di garanzia è espressamente voluta dalla legge a tutela dell’incolumità del lavoratore nell’opera pubblica … e se più sono i titolari della posizione di garanzia … ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge”.
Quanto al professionista nominato dal Comune “Coordinatore per la sicurezza”, gli viene imputata “la negligenza nell’assicurare la coerenza tra il piano di sicurezza e coordinamento ed i piani operativi di sicurezza e di non essere intervenuto a fronte della mancata realizzazione delle strutture di protezione collettiva…”
A conclusione il Giudice Fulvia Maggio ha disposto la condanna (con sospensione condizionale) per tutti gli imputati: cinque mesi al dirigente del Comune e al coordinatore per la sicurezza; sei mesi all’appaltatore capogruppo dell’Associazione temporanea d’imprese aggiudicataria. Per tutti l’obbligo di risarcimento, fissato in 200.000 euro, e del rimborso delle spese legali.
(Paola Pierantoni)