Casa DS/ 1. E i ventidue scelsero la via del silenzio
L’allarme che viene lanciato è rilevante. Venerdì 5 novembre, in una sala dello Star Hotel, circa 150 persone, prevalentemente iscritte ai DS, lo ascoltano dalla bocca di una parlamentare, Giovanna Melandri, di un sindacalista della CGIL, Beppe Casadio, e di uno che è stato un grande leader popolare e che è stato messo nella condizione di non esserlo più, Sergio Cofferati.
Il fatto denunciato è che il prossimo congresso dei DS si svolgerà anche questa volta per mozioni contrapposte, mentre tutti i tentativi fatti perché questa modalità fosse evitata sono stati ostacolati con successo, sia dalla maggioranza che dalla minoranza.
Perché ciò viene giudicato grave e denso di conseguenze per il futuro? Perché, dicono gli oratori, in un mondo in cui tutto cambia con grande rapidità, e in cui il neo-liberismo ha diffuso largamente la propria visione della vita, è urgente che il maggiore partito della sinistra italiana sappia indicare con chiarezza le priorità, i valori, le scelte che lo definiscono. Ma per fare questo occorre parlarsi davvero e fare la fatica di trovare delle soluzioni comuni dove le opinioni divergono, a volte anche in modo sensibile. Anche il solo tentativo di giungere a dei punti di sintesi avrebbe messo in moto delle energie e avrebbe costretto tutti a parlare chiaro. E di parlare chiaro ci sarebbe un grande bisogno, per poter individuare le vere discriminanti su cui, al dunque, votare. In sintesi: occorrerebbe una discussione libera e aperta.
Invece si sta costruendo un congresso burocratico e senza anima in cui una maggioranza e una minoranza che resteranno tali si contrapporranno senza passione attraverso due mozioni reciprocamente impermeabili in cui i punti cruciali su cui dovrebbero essere detti i “si” e i “no” sono annegati in compendi ponderosissimi. Anche se sconfitto nel tentativo di realizzare un congresso senza mozioni rigide e precostituite, il gruppo che ha promosso questa iniziativa (detto “gruppo dei 22” dato che sono 22 le persone che l’hanno lanciata) tenta comunque di sollecitare un dibattito al di là dei confortanti steccati in cui maggioranza e minoranza DS hanno trovato rifugio. Strumento: un documento (“Per un congresso aperto che parli al Paese”) offerto alla discussione di maggioranza, minoranza e soggetti esterni al partito.
L’obiettivo dichiarato è quello di tenere vivo un punto di luce almeno per il dopo (congresso). Quanto al congresso in sé, dice Cofferati concludendo, a volte la via da preferire è quella del silenzio. E dell’astensione.
(Paola Pierantoni)