Milena Agus – Quando la fantasia sconfina nella realtà
Milena Agus sale sul palco timidamente e si siede accanto a Flavio Soriga, suo conterraneo. Scrittore come lei. Dondola le gambe come farebbe una bambina, in attesa della prima domanda, e guarda attenta il pubblico che è venuto nell’atrio di Palazzo Tursi la sera dell’8 settembre per sentirla parlare.
Tra le molte ricette per stare al mondo, la sua ha la leggerezza della fantasia e la scrittura come riparo. Il suo raccontarsi è di una sincerità disarmante. Parte da lontano la Agus, raccontando, di quando bambina e figlia unica, si era inventata il fratellino Marco. Personaggio talmente reale che la maestra, preoccupata per la lontananza del bambino in collegio, aveva invitato la madre ad occuparsene, riprendendolo a casa. “Avevo due famiglie fin da bambina”, ammette la scrittrice “una vera e una finta” ed aggiunge “ho sempre vissuto in un altro mondo. Adesso ho meno voglia di scappare. Sono più affezionata a questo mondo.” Se la fantasia sconfina nella realtà possono succedere cose strane come essere convinti che il brodo, trasparente e perfetto della mamma, si possa fare semplicemente mettendo l’acqua a bollire sul fuoco: “ho aspettato per ore che si trasformasse…”, “e quanti anni avevi quando ti è successo?”, “sedici anni”.
Nel suo passato le estati a Genova che “ha quello che io trovo sia la bellezza, un antico che è vecchio, una bellezza schiva che non si mette in mostra. E’ potente”, quindi il bisogno di leggere ogni tanto “Genova” di Caproni. “La conoscete?”, chiede entusiasta rivolta alla platea, accennando alcuni versi, “Genova è bellissima! Assomiglia a Cagliari!”, la sua città.
La scrittura è creare un mondo dove si va volentieri con “il gusto di far vedere tutta la durezza della vita, ma mettere uno spiraglio”. Del personaggio femminile di “Ali di babbo”, il suo ultimo romanzo, dice “mi ha dato una soddisfazione pazzesca che qualcuno si innamorasse di lei…Lo potevo far succedere solo io…”
Il pubblico ride quando la Agus – oltre che autrice, insegnante di liceo – spiega l’imbarazzo profondo dato dalla consapevolezza che i suoi libri possono essere letti dai suoi studenti. E si avverte che questo suo mondo non può essere compreso da tutti, anzi per alcuni è meglio tenersi distanti. Quindi quei libri sarebbe bello farli sparire subito.
E poi ammette: “I libri letti in questo periodo non sono quello che vorrei leggere, allora se non lo trovo, me lo faccio!”. Il prossimo romanzo è ancora un “imparaticcio…sapete come nei ricami quando si fanno le prove…”
(Giovanna Profumo)