Ambiente – Il partito (trasversale) del cemento
Sono sempre gli stessi i nomi che si rincorrono, che senza sosta scompaiono e ricompaiono, anche in diverse vesti, in un limitato e ben definito spazio geografico. I nomi non sono José Arcadio né Aureliano Buendía. Lo spazio non è quello fantastico, senza tempo e con il destino segnato della Macondo di “Cent’anni di solitudine”. Per gli autori di “Il partito del cemento” (Marco Preve e Ferruccio Sansa, Chiarelettere editore, giugno 2008, euro 14,60) lo spazio è quello reale della Liguria di oggi e il destino della regione non è inevitabile, ma si gioca adesso. I nomi ricorrenti sono quelli dei politici, imprenditori e banchieri associati alla nuova speculazione edilizia che si è scatenata sulla regione.
La prima parte del volume (“Il potere”) presenta i personaggi, sempre gli stessi, in “un groviglio inestricabile in cui restano annodati partiti di destra e di sinistra, imprenditori e amici degli amici. Niente di illegale, sia chiaro, ma è altrettanto evidente come il potere, in Liguria, come ormai in tutta Italia, sia in mano a poche persone. E le iniziative economiche rischiano di essere concepite da imprenditori che poi siedono nel cda delle banche che le finanziano, magari insieme con rappresentanti dei partiti che poi devono approvarle” (p. 90).
La seconda parte (“I luoghi”) descrive lo spazio ligure destinato ad essere sepolto dal cemento. Preve e Sansa riportano dati Istat che indicano che la superficie libera dalle costruzioni in Liguria è diminuita dal 1990 al 2005 del 45% (media Italia, 17%). I luoghi preferiti della speculazione sono ovviamente quelli della costa e i porticcioli in primo luogo. “Oggi ormai c’è un posto barca ogni 47 abitanti. Oppure, se preferite, 300 chilometri di costa per oltre 140 di moli” (p 109). Si stima che il cemento associato (edilizia residenziale, turistica, commerciale) ammonta a tre milioni di metri cubi, per non parlare di posti auto, viabilità ecc. E poi aree dismesse cedute alla speculazione all’insegna della “riqualificazione”, ex alberghi destinati a residenze, un enorme patrimonio immobiliare “cartolarizzato” (svenduto) per far quadrare i conti degli enti locali e ancora torri e grattacieli di cemento e vetro firmate da famosi architetti che cambieranno per sempre il pae saggio ligure. Da Ventimiglia a Portovenere il tema è unico. Uno scempio definito dagli autori “seconda rapallizzazione”.
La terza e ultima parte (“Le battaglie”) è una rassegna di casi e di protagonisti (professionisti, studiosi, semplici cittadini, gruppi, movimenti) che hanno saputo dire di no e che resistono ogni giorno. Serve a ricordare che il destino della Liguria (ma anche dell’Italia), a differenza di quello di Macondo, non è scritto in una vecchia pergamena.
Infine, il libro di Preve e Sansa, corredato da un ampio indice di nomi, è anche una specie di ricco database cartaceo da utilizzare come manuale a difesa dell’ambiente. Ilvo Diamanti ha segnalato tra le tante cause della sconfitta del Pd dell’aprile 2008 “il disorientamento prodotto dal cambiamento sregolato del paesaggio”, uno smarrimento che può facilmente alimentare una maggiore sensazione di insicurezza. “Il partito del cemento” è quindi, nello stesso tempo, una denuncia e un prezioso strumento di riflessione che la politica non dovrebbe far finta di ignorare.
(Oscar Itzcovich)