Discriminazioni – Il bello della diretta

Eccoci ancora al volantino con cui la Lega Nord promuove la raccolta di firme per abrogare la Legge regionale sulla immigrazione. Nessun eco, almeno recente, sulla stampa, molto scarne anche le tracce sulla rete. E’ quindi possibile che la cosa muoia lì. Ma il punto è che questi volantini hanno girato, hanno avuto un loro percorso popolare, hanno fatto “opinione”. Normale dialettica democratica. Ma dove e come si fa contro – opinione allo stesso livello popolare? Chi va a raggiungere le stesse persone per suggerire un pensiero più complesso, più articolato, più responsabile? Con quali mezzi?


Qui non stiamo parlando di reti televisive, ma del più scontato e datato tra i mezzi di comunicazione politica, che la Lega Nord non disdegna affatto suggerendo ai passanti: noi siamo qui, in mezzo a voi, siamo persone popolari, semplici, alla vostra portata. Vi interpretiamo, vi rappresentiamo. Siamo la vostra anima.
Cosa contrapponiamo ai volantini della Lega? Mi vengono in mente volantinaggi e assemblee nei luoghi di lavoro, feroci e feconde discussioni ai cancelli, seminari di formazione e discussione stile “150 ore” sulle diversità, sulla identità, sulla disuguaglianza, sulla discriminazione, sulla paura… ma mi sento subito come il vecchio della canzone di Guccini.
Il volantino elenca inammissibili privilegi:
Servizi sociali: libero accesso ai servizi sociali”. Leggi: è uno scandalo che un immigrato – non importa se bambino, anziano, donna incinta, con regolare lavoro e permesso, invalido, abusato, sfruttato… – possa avere accesso ai servizi sociali.
“Sanità: l’assistenza sanitaria e specialistica e non solo di pronto soccorso”. Come dire: ad essere generosi agli immigrati può essere concesso di non crepare per strada, ma l’assistenza sanitaria con tutti i punti e le virgole va riservata alla categoria superiore dei “non” immigrati.
“Istruzione: formazione del personale docente per l’educazione interculturale”. Le scuole della Liguria sono prese d’assalto da ragazzine e ragazzini di almeno un centinaio di nazionalità diverse? E’ già tanto che gli diamo un banco, figuriamoci se dobbiamo buttar via soldi per tener conto della loro cultura.
Tutto intorno a noi si stanno costruendo le condizioni culturali ed emotive della “accettazione”, quella che farà apparire almeno giustificabile l’assalto al campo Rom; considerare come nulla di grave – in fin dei conti quasi un gioco – la presa delle impronte dei bambini; ritenere in certi casi ammissibile la discriminazione (vedi il recente pronunciamento della Corte di Cassazione che ha giudicato ammissibile la campagna del sindaco di Verona per cacciare gli zingari “perché dove arrivano ci sono furti” ).
Non intendo parlare di stelle gialle sugli abiti e di campi di sterminio, ma penso a più domestiche vicende italiane: l’esclusione degli ebrei dalle scuole, dal lavoro, dai luoghi pubblici, le loro improvvise scomparse dai banchi di scuola, dalle università. La domanda su come sia stata possibile a suo tempo l’accettazione passiva di tutto questo tormenta molti di noi nati dopo la fine della guerra. Non vorrei che ora ci venisse data l’opportunità di osservare il fenomeno in diretta.