Genova – Una occhiata al presente per disegnare il futuro

Una o due volte al mese, P. Arvati, manda a Repubblica alcune osservazioni frutto della sua attività di responsabile della statistica comunale. Lo fa con garbo e cercando di non sommergere di cifre il lettore. Per sapere chi siamo – osserva Arvati – e come in parte andranno le cose e come e su cosa intervenire, le statistiche comunali potrebbero aiutare. In altre parole: per compilare i libri dei desideri, è utile prima di ogni cosa, prendere atto della città com’è, di quali attrattive e di quali energie disponga.


Una città che nel 2007 è tornata a perdere abitanti dopo 4 anni che il suo saldo naturale era tornato positivo (Repubblica 15 maggio ’08). Ma attenzione, fa notare Arvati, non si tratta di un ritorno al passato. Perché gli stranieri che pesano sulla popolazione residente per circa il 6% incidono con percentuali molto più significative sulla nuzialità (il 25% tra coppie miste e immigrate) e sulla natalità (di nuovo il 25 %). In altre parole il saldo negativo sottolinea piuttosto la decrescita della componente autoctona. Infatti, mentre la popolazione della città diminuisce, la percentuale delle nuove famiglie e dei nuovi nati riferibile agli immigrati è 4 volte più grande della quota che essi rappresentano nella popolazione residente.
L’incidenza straniera sulla popolazione da 0 a 18 anni (Repubblica 29 maggio ’08) è salita dal 2% nel 1997 al 9% nel 2006 (ben superiore al 6% della presenza straniera in città). E’ un fatto che tra l’altro ha permesso di contenere l’età media della città, di poco sotto i 50 anni, che diversamente sarebbe di gran lunga superata. E che sta cambiando la scuola dove gli studenti stranieri (2006-7) sono il 10% alle elementari, l’11% nella media inferiore e il 5% nella media superiore. Percentuali destinate a crescere molto rapidamente essendo la natalità meticcia il 25% del totale.
Costruire previsioni sulle serie statistiche non è facile: molte variabili intervengono a modificare i comportamenti demografici. Arvati ne ha ad esempio indicato uno (Repubblica 12 giugno ’08) giudicato rilevante dagli statistici: si tratta della “attrattività”. A fronte di un movimento migratorio all’interno dei confini nazionali tornato a crescere – ci si muove alla ricerca del “meglio” – Genova risulta poco appetita. Prevalgono gli stranieri che se ne vanno rispetto a quelli che arrivano. E’ la conferma della condizione periferica di Genova e della Liguria al confronto di altre città grandi e piccole del Nord Est e del Nord Ovest.
Arvati non scrive della città – banche, assicurazioni, traffici – che hanno i forzieri pieni di soldi ma di quella che giornalmente si svolge sotto gli occhi di tutti. E suggerisce che per ragionare di cultura, ricerca, scuola e di altro ancora sarebbe opportuno prendere atto, e alla svelta, di quali e dove siano oggi parte delle energie interessate alla città di domani.
(Manlio Calegari)