Immigrati – Caccia al clandestino sull’asino dei poveri
Il 90, noi egiziani, lo chiamiamo Houmar Milano, l’asino di Milano, perchè gira sempre senza dire niente, da una parte all’altra della città. Il suo carico è povero, tutto di stranieri che vanno a lavorare, stanchi, gli occhi pieni di sonno, o che tornano dopo la fatica. Sono nati tanti amori su quell’autobus, gli sguardi di uomini e donne di lingue e pelle diverse si incrociano, e sanno di essere tutti seduti sul gradino più scomodo della città, di conoscere gli stessi problemi.
Anche ubriachi, ladri, i poveri e i mendicanti, i barboni, italiani e no, tutti li raccoglie l’asino di Milano, e va, giorno e notte, senza fermarsi.
Io sono egiziano, ho 28 anni, sono in Italia da sei e sono finito fuori dall’ultima sanatoria, per questo sono clandestino. Faccio il muratore, in nero, e da quando sono qui non sono mai stato un giorno senza lavoro. Ho provato a regolarizzarmi con i Flussi, ma non sono mai entrato nella graduatoria.
Vivo a Milano da tanto, penso che se vedessi una strada di questa città in televisione la riconoscerei, anche senza conoscerla, da come conosco il suo carattere e l’aria che si respira, ma la scena dell’altro giorno non l’avevo mai vista.
Il 90, l’asino, per la prima volta, si è fermato. Dentro la sua pancia sono saliti i vigili, hanno chiuso le porte e “Documenti”, a tutti, hanno detto. Se qualcuno tirava fuori la carta d’identità o il permesso, non lo guardavano nemmeno. Ma se usciva qualche foglietto spiegazzato, qualche miserabile pezzetto di carta, qualche scusa, allora “Tu scendi”, “Tu scendi”, “Tu scendi”. Fuori aspettava un minibus, piccolo, li hanno presi tutti e sono spariti, in questura.
Diciassette della mia zona, tutti egiziani, li hanno mandati via. Io ero appena sceso, ho avuto fortuna.
Metrò, linea rossa, la scena è uguale: la polizia ferma due davanti a me, anche loro coi pezzettini di carta che non ti salvano, spariscono tutti insieme “Andiamo in Questura”.
Stazione Centrale, la storia si ripete, fermano tutti, e portano via.
Adesso nessuno esce più per la strada, hanno paura, non si va a lavorare, c’è qualcuno che tenta la fortuna e va a far la spesa, qualcun altro chiama gli amici in regola “Se mi portano via, raccogli la mia roba e tienila da parte, me la farò portare”. Un mio amico italiano mi ha chiamato e mi ha detto “Sta a casa, non uscire”, ma adesso sembra che vengano pure a suonare a tutte le porte. Ho letto i titoli sui giornali “Caccia al clandestino”, ogni istante che passa mi sento di più un topo, ma non posso fare altro; aspetto il mio turno, senza dire niente, perchè i topi, e gli asini, non hanno voce per farsi ascoltare.
(a cura di Eleana Marullo)