Emergenze cibo – Uno tsunami silenzioso

”Entro un decennio nessun bambino su questa terra morirà più di fame” (Henry Kissinger, Segretario di Stato Usa, Conferenza Mondiale sull’Alimentazione del 1974 a Roma).
Più di 100 milioni di persone stanno precipitando nell’ estrema povertà, andando ad aggiungersi ai 1200 milioni che già esistono. Si parla di “tsunami silenzioso”. Lontana dalla tragedia, l’Europa comincia a sentirne gli effeti: “Rincari alimentari da record, aumenti del 7% in un anno” (“Repubblica”, 2 giugno 2008).

Dal 3 al 5 giugno si tiene a Roma FAO la “Conferenza di Alto Livello sulla Sicurezza Alimentare Globale: Le sfide del cambiamento climatico e della bioenergia”. «Primo giorno: quasi sei ore, delle sette e mezza di lavori, saranno riservate ai discorsi pronunciati dai capi di Stato e di governo o da altre autorità che guideranno le delegazioni nazionali. Secondo giorno: per altre sei ore circa, nella seduta plenaria, interverranno gli stessi tipi di oratori e i cosiddetti «ospiti speciali». Terzo giorno: nelle tre ore di riunione mattutina, ancora capi di Stato e di governo, ospiti e un po’ di spazio per le organizzazioni non governative e «della società civile». Così illustrava Corriere Economia del 5 maggio 2008 il programma provvisorio della conferenza della FAO. Il punto è – aggiungeva – se questa conferenza di alto livello è adeguata o meno alle necessità.


L’emergenza alimentare, aggravatasi negli ultimi mesi, colpisce paesi molto diversi tra loro. Il 7 e 8 aprile ad Haiti, il paese più povero della America Latina, decine di manifestazioni contro il rialzo del prezzo del riso furono duramente represse dalla polizia, lasciando un bilancio di 5 morti, più di 200 feriti e le dimissioni del primo ministro. In Argentina le forti tasse su l’esportazione dei prodotti agricoli imposte dal governo di Cristina Kirchner per calmierare i prezzi interni ha provocato un’energica resistenza dell’oligarchica “Sociedad Rural” e da parte dei produttori che, per ostacolare i rifornimenti di alimenti, hanno fatto ricorso a generalizzate azioni di blocco, anche stradali. Per il quotidiano Pagina 12 di Buenos Aires del 23 marzo 2008 si tratta della maggior sfida del potere economico al sistema politico dalla serrata del febbraio 1976 che sboccò nel golpe e nella dittatura militare. In Egitto il presidente Mubarak ha represso nel sangue le manifestazioni contro l’aumento del pane, mentre il fondamentalismo islamico continua a rinforzarsi a causa del malcontento popolare. Le proteste contro la mancanza di pane hanno provocato scontri in molte altre parti del mondo (Burkina Faso, Camerun, Costa d’ Avorio, Etiopia, Filippine, Indonesia, Madagascar, Senegal, Filippine, Pakistan, Thailandia). I forti rincari dei prodotti alimentari che negli ultimi 12 mesi sono saliti del 130% (frumento), dell’ 87% (soia), del 74% (riso), stanno creando nuove emergenze umanitarie e sconvolgimenti politici di ogni tipo.
Il rapporto della Fao enumera le molteplici cause della crisi alimentare: l’aumento della domanda nei paesi emergenti (India, Cina), l’impennata nella richiesta di cereali destinati alla produzione di biocarburanti, la crescita del costo del petrolio che ha reso molto più onerosi i trasporti, la diminuzione delle superfici disponibili per la coltivazione a causa della crescente urbanizzazione del territorio, i cambiamenti climatici. La Fao, tra le “altre” cause, segnala anche le speculazioni sui mercati delle materie prime senza tuttavia specificare che si tratta “dei grandi speculatori finanziari (fondi pensione, hedge funds, persino fondi sovrani) che, in fuga dal terremoto innescato dai mutui immobiliari Usa, stanno collezionando profitti record investendo sui futures sulle materie prime” (Corriere Economia, maggio 2008). Tralascia pure di menzionare i guadagni esorbitanti rispetto ad ogni periodo precedente realizzati dalle grandi multinazionali specializzate nel commercio di granaglie, sementi, erbicidi e fertilizzanti (Cargill, Bunge, Monsanto, Dupont, Potash Corporation, Mosaic).
(Oscar Itzcovich)