Scuola – Cronaca di una pausa pranzo

Siamo ammassati. Uno contro l’altro. Divisi per classi, dalla prima alla terza media.
“ Fammi passare!”, “Spostati!”, “Togliti: mi stai soffocando!”. Casino. Una battaglia accanita, spinta e con un solo obbiettivo: arrivare per primi ai vassoi e mangiare. Mangiare quello che si è soliti chiamare “ cibo” per rispetto verso chi lo ha impacchettato e portato da noi, ma che in realtà è solo qualcosa di indefinito.


Dopo dieci minuti di coda, in un ambiente con perenne odore di minestra, si arriva al bancone della mensa. Osserviamo con incredulità il cibo proposto: “Pizza, prosciutto, insalata, mela e una pezzo di pane”, apparentemente il menù è promettente, ma appena si prende posto in una sala con grandi tavoli unticci e sporchi ci si accorge che ci hanno dato da mangiare qualcosa di strano. Assaggio la pizza. E’ gommosa: il pomodoro cola di lato con irregolarità e il formaggio è duro, a formare una crosta. Sembra di mangiare un palloncino su cui, con la colla, sono stati appiccicati velocemente pomodoro e improbabili sottilette.
Passo al prosciutto. Un pezzo di plastica colorato di un rosa pallido che sfuma sul bianco. Ne taglio un altro pezzo. Sputo: stavo soffocando, quella cosa è scivolata in gola senza che io l’avessi potuta masticare.
Non ho preso l’insalata, ma l’assaggio da una mia amica seduta accanto a me. E’ amara.
Si è spinti a mangiare dalla fame che ci possiede, le nostre papille gustative non percepiscono più il gusto e le menti vagano, si parla, si ride, si scherza.
Addento il mio pezzo di pane e, involontariamente, mi concentro su di esso. Provo improvvisamente una profonda stima per chi lo ha preparato: è riuscito a cuocerlo senza che dentro restasse la mollica. Nel senso che c’è solo la parte esterna, dura e pastosa. Non è un caso: tutte le volte, è così per tutti, mai un eccezione, mai l’idea che a noi farebbe piacere mangiare del “pane” e non “crosta di pane”.
Ora è il turno del genere frutta. Provo a tagliarla con il coltello di plastica. Si rompe il coltello. Si spacca a metà : la parte definita “tagliente” – anche se tagliente è di certo – è incastrata dentro la mela e il manico è ancora saldamente stretto nella mia mano. Lascio perdere: è un’impresa troppo ardua. Vado a svuotare il vassoio stando attenta a mettere il bicchiere di plastica nel sacchetto della raccolta differenziata, non mi capacito del perché non facciamo questo anche con i piatti e le posate, anche se dello stesso materiale.
In un quarto d’ora non ho mangiato niente. Nel mio stomaco domina un buco nero.
“ Fammi passare”, “spostati”, “Togliti: mi stai soffocando!”. Ora l’obbiettivo è cambiato: ci si sta dirigendo in modo scomposto verso i bagni e la lezione di storia.
(Biancalice Sanna)