Stipendi – 5mila euro l’anno in meno

Il titolo “Il declino degli stipendi” (Repubblica 3 maggio 2008) è già di quelli che fanno tristezza. Non si è invogliati a leggere quello che sappiamo già. Peccato, perché c’è sempre qualcosa da imparare. Ad esempio che in Italia e negli altri paesi industrializzati, durante gli ultimi 25 anni, la quota dei profitti sulla ricchezza nazionale è salita molto; al contrario di quella dei salari che invece è scesa non poco. Volete sapere di quanto? Lo dicono due economiste che hanno condotto uno studio per conto della Banca dei Regolamenti internazionali che opera nell’ambito del Fondo monetario internazionale (Fmi). Nel 2005 la quota di ricchezza nazionale destinata ai lavoratori era il 68%; 20 anni prima era del 75%. L’opposto di quello che è successo alla quota destinata ai profitti: nel 2005 era oltre 31% quando nel 1983 era il 23%. In sostanza la quota riservata ai lavoratori ha perso 8 punti in 20 anni, l’equivalente sul Pil di oggi di 120 mi liardi di euro. Per essere più chiari: se il rapporto percentuale fosse rimasto quello di 20 anni fa ai lavoratori italiani (professionisti, artigiani e commercianti compresi) sarebbero toccati oltre 5000 euro in più all’anno; 7000 euro se si considerano solo i lavoratori dipendenti.


Le cause del fenomeno vanno ricercate secondo la maggioranza degli economisti non tanto nella globalizzazione ma nella fase più recente del progresso tecnologico. Il ricambio di macchinari, tecniche e organizzazione ha scavalcato rapidamente i lavoratori e le loro competenze riducendone la forza contrattuale.
In Italia, ma anche in altri paesi europei, il fenomeno ha coinciso con il proliferare di rapporti di lavoro atipici e la creazione di un esercito di precari in ogni settore.
Di fronte a fenomeni di questa portata qual’è stata la sensibilità, la capacità di analisi e di reazione dei sindacati italiani? Sulla questione – più volte posta dal gruppo di economisti che fanno capo a Boeri (www.lavoce.info) – è uscito di recente il libro “L’altra casta” (Bompiani 2008) di S. Livadiotti. Turani su Repubblica del 20 aprile 2008 lo ha definito “bellissimo”. Forse bisognerebbe aggiungere che è tristissimo. Infatti spiega come nel corso degli anni è nata una burocrazia sindacale, onnipotente, costosa (ordine di riferimento sono i miliardi di euro), poco sensibile alla democrazia interna e alla trasparenza, capace di influenzare e ricattare governi e istituzioni ma molto poco attenta a dove stavano rotolando i redditi dei lavoratori durante gli ultimi 20 anni.
(Manlio Calegari)