Infortuni nel tempo – Disattenzione o profitto?
Quando un infortunio sul lavoro, per circostanze o numero di persone coinvolte, è tale da scuoterci dall’assuefazione si accende per breve tempo l’attenzione dei media, poi cala il silenzio. Un dibattimento in corso a Palazzo di Giustizia offre un esempio di quanto sarebbe importante, invece, seguire fino in fondo l’iter giudiziario degli infortuni per capire davvero cosa sia avvenuto e perché, e trarne qualche utile considerazione.
Sotto esame un gravissimo infortunio avvenuto il 9 marzo del 2004: un lavoratore dipendente della Tis SpA. sistemava i faretti necessari ad illuminare la zona di lavoro di un cantiere notturno su un viadotto dell’autostrada A10. Procedendo a ritroso, si era spostato inavvertitamente al di fuori dell’area del cantiere, delimitata da coni segnaletici, e un camion l’aveva investito. Colpa del lavoratore, sostiene la difesa: si è mosso “malaccortamente”, ed era anche il capocantiere, e quindi “il principale responsabile delle misure di sicurezza”.
Ma la P.M. Paola Calleri offre una prospettiva del tutto diversa. il Piano di Sicurezza e Coordinamento (Psc) predisposto da Autostrade per l’Italia, osserva, dato l’orario notturno e la ristrettezza della carreggiata, stabiliva tassativamente che il lavoro fosse svolto in totale assenza di traffico. Invece al momento dell’infortunio (21.30 circa) c’era solo la riduzione di carreggiata. Come mai? Una libera iniziativa dei lavoratori, del preposto? No, al contrario: si è trattato di una decisione formalizzata in una modifica del Piano Operativo di Sicurezza (Pos) predisposto dalla Tis SpA, per aderire ad una richiesta di Autostrade per l’Italia che intendeva bloccare il traffico per il minor tempo possibile senza subire ritardi nella consegna. Ecco così la soluzione di compromesso: iniziare ad operare alle ore 21 con la semplice riduzione di carreggiata (ufficialmente solo per “allestire” il cantiere) e deviare il traffico solo dopo le 22. Ma, osserva la P.M., allestire u n cantiere è un lavoro tanto pericoloso quanto fare buchi per terra, anzi, di più, perché implica continui movimenti dei lavoratori. Il lavoratore, aggiunge, sarà anche stato malaccorto, ma questo non sposta il problema: le norme di sicurezza servono proprio a proteggere i lavoratori da loro stessi, dalla stanchezza, dalla disattenzione.
Quattro le figure chiamate in causa, per tutte chiesta la condanna a tre mesi: il Direttore di primo tronco di “Autostrade per l’Italia”: ha innescato la condizione capestro: chiudere il traffico solo dopo le 22 senza allungare i tempi di consegna; il responsabile dei lavori di “Autostrade per l’Italia”: ha redatto il Psc ma non ha verificato sulla sua puntuale applicazione; il coordinatore dei lavori (Spea SpA): non ha garantito la coerenza tra Pos (responsabilità della Tis) e Psc (responsabilità di Autostrade), e facendosi anzi tramite della “soluzione” di compromesso e, infine, il direttore dei lavori (Tis SpA): ha modificato il Pos, anziché a ttuarlo.
Una ricostruzione che mostra il conflitto permanente tra gli interessi in gioco e la tutela normativa, che pure esiste, sulla sicurezza di chi lavora.
Parola alla difesa nelle prossime udienze del 9 e del 18 giugno, data in cui si prevede la sentenza.
(Paola Pierantoni)